I chiarimenti di Assonime e del ministero per i Beni culturali. Deducibilità integrale sulle sponsorizzazioni

Trattamento uguale a quello delle spese di pubblicità
Le spese per le sponsorizzazioni sono integralmente deducibili come quelle di pubblicità, dato che si tratta di contratti a prestazioni corrispettive. È questa la conclusione a cui sono arrivati l'Assonime, nell'approfondimento 6 del 2013, e il ministero per i Beni culturali, nel decreto del 19 dicembre 2012.
La prassi
L'agenzia delle Entrate (con le risoluzioni 2/1016 del 1974, 9/204 del 1992 e 356/E del 2002) e la dottrina prevalente ritengono, correttamente, che le spese di sponsorizzazione debbano avere, al momento della determinazione del reddito d'impresa, lo stesso trattamento di quelle di pubblicità. 
La circolare 34/E/2009 ha affermato che le spese di sponsorizzazione, per essere deducibili come spese di pubblicità, devono:
eavere come scopo quello di reclamizzare un prodotto commerciale oppure il nome o il marchio dell'impresa;
ressere corrisposte a fronte di un obbligo sinallagmatico del soggetto beneficiario.
La giurisprudenza
Le incertezze interpretative – come hanno rilevato Assonime e il ministero dei Beni culturali – derivano dalla giurisprudenza della Cassazione. I giudici di legittimità hanno infatti affermato (sentenze 8679/2011, 2790/2009, 21270 e 17602 del 2008, 9567/2007) che le spese di sponsorizzazione sarebbero da qualificare come spese di rappresentanza.
Da ultimo, l'ordinanza 3433/2012 ha esaminato il caso di una società operante nel settore dell'impiantistica per imballaggi, che non aveva provato l'esistenza di una «diretta aspettativa di ritorno commerciale» che potesse risultare «ragionevolmente riconducibile all'attività di un pilota professionista» e all'apposizione sulla vettura da corsa della denominazione della stessa società e non aveva spiegato, «neppure in memoria, quale potesse essere la concreta finalità di incremento commerciale».
Ma la pronuncia non ha negato in via di principio la riconducibilità delle spese per sponsorizzazioni tra quelle di pubblicità: ha solo stabilito la necessità che sussista un nesso tra l'attività svolta dalla società e quella sponsorizzata. In assenza di questo nesso, le spese non possono essere considerate di pubblicità, ma devono essere considerate di rappresentanza.
Il periodo d'imposta in contestazione, peraltro, era il 2004: antecedente, quindi, al 2008, quando è entrata in vigore l'attuale disciplina delle spese di rappresentanza. Con riferimento alle nuove regole, il decreto del 19 novembre 2008 ha stabilito che il carattere essenziale delle spese di rappresentanza è costituito dalla mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari dei beni e servizi erogati, mentre le spese di pubblicità sono caratterizzate dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa deve essere ricercata nell'obbligo della controparte di pubblicizzare o propagandare, a fronte di un corrispettivo, «il marchio e/o il prodotto dell'impresa» per stimolarne la domanda.
Inoltre, le affermazioni contenute nelle sentenze della Suprema corte vanno contestualizzate con riguardo ai casi affrontati nelle decisioni di merito. In particolare, poteva sorgere il sospetto di una retrocessione, in tutto o in parte, allo sponsor del corrispettivo da parte del soggetto sponsorizzato, circostanza che non era stata, però, provata in sede di giudizio. La qualificazione tra le spese di rappresentanza, sembrerebbe, quindi, il "rimedio" escogitato dalla Corte per contrastare questo fenomeno.
Il ministero
Il ministero per i Beni culturali ha espressamente riconosciuto (Decreto 19/12/2012) la natura pubblicitaria delle sponsorizzazioni culturali realizzate attraverso pubblicazioni specializzate o il restauro di immobili di particolare interesse artistico o culturale.
Si tratta di un'attività di sponsorizzazione che può essere realizzata in forma "tecnica" (con un partenariato esteso alla progettazione e realizzazione dell'intervento, che avviene a cura e a spese dello sponsor), "pura" (lo sponsor si impegna unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi del l'appalto dovuti dall'amministrazione) e "mista" (lo sponsor può, per esempio, fornire la sola progettazione, limitandosi a erogare il finanziamento per le lavorazioni previste). Lo sponsee deve, in ogni caso, promuovere il nome, l'immagine, il marchio, l'attività o i prodotti dello sponsor.
Fonte: Il sole 24 ore autore Gianfranco Ferranti

L'operazione paga l'Iva ad aliquota ordinaria

Il beneficiario della sponsorizzazione deve emettere fattura applicando l'Iva con l'aliquota ordinaria e lo sponsor non può fruire delle agevolazioni per le erogazioni liberali previste ai fini delle imposte sui redditi. Ci sono anche questi tra i chiarimenti forniti dall'Assonime e dal ministero per i Beni culturali nei documenti che hanno emanato sulle spese di sponsorizzazione.

La disciplina

Già l'agenzia delle Entrate ha affermato, nella risoluzione 88/E dell'11 luglio 2005, che l'operazione di sponsorizzazione va assoggettata a Iva con l'aliquota ordinaria, da applicare sulle somme versate dallo sponsor a fronte della prestazione di servizi dello "sponsee". Ciò in quanto la sponsorizzazione è stata qualificata come una «forma atipica di pubblicità commerciale», alla quale si deve di conseguenza riconoscere, in base all'articolo 4, comma 5, lettera i), del Dpr 633 del 1972, carattere «in ogni caso commerciale», anche se la prestazione è resa da un ente pubblico o privato che non ha per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.
Questa conclusione vale anche con riferimento alle sponsorizzazioni tecniche e a quelle "miste", che realizzano un'operazione permutativa, da assoggettare all'imposta separatamente da quella in corrispondenza della quale è effettuata. In questo caso, pertanto, sia lo sponsor che lo "sponsee" sono tenuti alla fatturazione sulla base del valore della prestazione e ai successivi adempimenti previsti dalla legge.
Non è detraibile l'imposta relativa alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi. Il ministero dei Beni culturali e l'Assonime hanno ricordato che, secondo la Cassazione, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa e a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre le spese pubblicitarie hanno una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale delle vendite.
Le erogazioni liberali
Il decreto del ministero dei Beni culturali del 19 dicembre 2012 si è occupato anche delle disposizioni agevolative concernenti le erogazioni liberali in denaro a favore di soggetti pubblici o persone giuridiche private non lucrative per svolgere attività inerenti ai settori dei beni culturali e dello spettacolo, che sono contenute negli articoli 15, comma 1, lettera h), e 100, comma 2, lettera f), del Tuir (Dpr 917/86). L'articolo 40, comma 9, del decreto legge 201 del 2011 ha introdotto misure di semplificazione delle procedure riguardanti queste agevolazioni, prevedendo la sostituzione degli adempimenti burocratici con un'autocertificazione, salvi i controlli successivi a campione da parte dell'amministrazione.
Queste disposizioni non si applicano se l'assunzione di obbligazioni a carico dell'amministrazione comporta la qualificazione del rapporto in termini di sponsorizzazione. La mera formulazione di un pubblico ringraziamento in favore del soggetto erogante non è, peraltro, incompatibile con il carattere di gratuità della prestazione e non comporta, di per sé, la qualificazione del rapporto come sponsorizzazione. L'articolo 5, comma 3, del Dm del 3 ottobre 2002, che riguarda i contributi per realizzare programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo, stabilisce che sono considerate erogazioni liberali anche le elargizioni di denaro a fronte delle quali il beneficiario formula il ringraziamento.
Fonte: Il sole 24 ore
Le scelte dei giudici
IL CASO
Le spese di rappresentanza e quelle di pubblicità
LA DECISIONE
LE AUTO DA CORSA
Una società che produce imballaggi sponsorizza un'autovettura da corsa automobilistica, senza fornire la prova dell'esistenza di una «diretta aspettativa di ritorno commerciale»
Le spese non sono di pubblicità ma di rappresentanza, perché non è stata provata la finalità di incremento commerciale.
Cassazione, ordinanza 3433/2012
LA SOCIETÀ IMPORTATRICE
Una società che importa e distribuisce in via esclusiva in Italia i beni di un'impresa estera sponsorizza (nel corso del servizio meteo televisivo e di manifestazioni sportive) il marchio della casa madre
La spesa è di pubblicità anche se è stata sostenuta da un'impresa cha trae utilità dallo sfruttamento dell'immagine del soggetto il cui marchio viene sponsorizzato.
Cassazione, sentenza 6548/2012
IL MARCHIO INFRAGRUPPO
Un'impresa sponsorizza società sportive, obbligate a mostrare sulle maglie e all'interno dello stadio il marchio di altre società del gruppo e non di quella che sostiene le spese
Si tratta di spese di rappresentanza, in quanto idonee ad accrescere il prestigio delle società che fanno parte del gruppo.
Cassazione, sentenza 8679/2011
LA SOCIETÀ CLIENTE
Una società sostiene spese di sponsorizzazione a favore di una sua cliente.
Il messaggio pubblicitario è esclusivamente riferito alla società cliente
Le spese sono deducibili in virtù del fatto che sono finalizzate al rafforzamento del rapporto commerciale con un cliente importante.
Cassazione, sentenza 24065/2011
IL SETTORE DELLA MODA
Una società sostiene spese per eventi ai quali partecipano personaggi famosi. Si tratta di costi per la fornitura gratuita di abiti di rappresentanza e accessori e per servizi di comunicazione e organizzazione degli eventi
Le spese per eventi sono a «elevata valenza promo-pubblicitaria», in quanto rappresentano «il primo fattore di influenza delle scelte di acquisto dei consumatori».
Ctr Lombardia, sentenza 113/2011

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