Riscossione. La conversione del decreto del fare aumenta le chance per evitare il fermo di Equitalia su auto, mezzi e altri beni mobili registrati

I veicoli strumentali dribblano le ganasce
Va dimostrato l'utilizzo nell'attività d'impresa o professionale entro 30 giorni dal preavviso
Niente ganasce di Equitalia se il contribuente dimostra entro 30 giorni dal preavviso che l'auto o gli altri veicoli a motore sono strumentali all'attività d'impresa o professionale. È quanto prevede la norma introdotta nel passaggio alla Camera per la conversione del decreto del fare (Dl 69/2013, articolo 52, comma 1, lettera m-bis), attualmente all'esame del Senato.
La procedura
Facciamo un passo indietro. Il fermo amministrativo di beni mobili registrati (più noto come «ganasce fiscali») è una misura cautelare adottabile da Equitalia e dagli altri agenti della riscossione sui «veicoli, autoscafi e aeromobili» e tutti gli altri beni mobili registrati qualora, una volta trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento o 90 giorni per l'avviso di accertamento esecutivo, il contribuente o il coobbligato non abbiano versato le somme contestate. Il provvedimento provoca una sorta di "interdizione" sulla circolazione del veicolo, anche se non ne comporta l'inalienabilità. È impugnabile in Commissione tributaria se il credito ha natura fiscale e perde efficacia qualora il giudice o l'ente impositore abbiano annullato l'atto presupposto. 
Prima e dopo
Il fermo può essere adottato dall'agente della riscossione indipendentemente dall'entità del credito tutelato ma deve essere necessariamente preceduto da un preavviso. Fino all'entrata in vigore delle modifiche di conversione al decreto del fare, l'iter che porta alle ganasce prevede che in caso di mancato pagamento entro i termini (come indicato in precedenza, 60 giorni per la cartella e 90 per gli avvisi esecutivi) l'agente della riscossione notifica il preavviso di fermo al debitore o al coobbligato. Questa comunicazione preventiva contiene l'invito a pagare gli importi dovuti entro 20 giorni.
In caso di inerzia da parte del debitore (o del coobbligato), una volta trascorsi 20 giorni dalla notifica del preavviso di fermo, Equitalia o il concessionario competente iscrive nei registri mobiliari (per esempio il pubblico registro automobilistico) il provvedimento e ne comunica l'avvenuta iscrizione al contribuente o al coobbligato. 
Solo per i debiti fino a 2mila euro, prima di disporre il fermo, l'agente della riscossione deve inviare per posta ordinaria due solleciti di pagamento (il secondo decorsi almeno sei mesi dal primo).
La nuova formulazione del l'articolo 86 del Dpr 602/1973 – a seguito delle modifiche apportate in conversione del Dl 69/2013 – dettaglia ulteriormente la procedura. Così, prima dell'esecuzione del fermo, Equitalia o gli altri concessionari avvieranno la procedura – una volta entrate in vigore le modifiche – provvedendo a notificare al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri una comunicazione preventiva. L'avviso specificherà che se il contribuente o il coobbligato non pagheranno entro 30 giorni (non più quindi 20 come accade ora), sarà eseguito il fermo con l'iscrizione del provvedimento nei registri mobiliari senza la necessità di ulteriori "informative". Entro tale termine, tuttavia, il debitore o i coobbligati possono dimostrare all'agente della riscossione che il bene mobile in questione è strumentale all'attività di impresa o della professione ed evitare in questo modo le ganasce.
La prova 
In sostanza, entro e non oltre i 30 giorni successivi alla notifica del preavviso di fermo, il contribuente dovrà recarsi presso lo sportello dell'agente della riscossione e dimostrare che il bene è strumentale alla sua attività professionale. Già, ma in che modo? La disposizione inserita nel decreto del fare non lo specifica. Si può, comunque, ipotizzare che la dimostrazione dell'utilizzo strumentale possa avvenire con l'esibizione dei libri contabili e con l'indicazione delle effettive esigenze operative che il bene soddisfa.
L'adozione del fermo è inibita qualora il contribuente abbia ottenuto la dilazione delle somme iscritte a ruolo. Inoltre la direttiva 12/2008 di Equitalia ha chiarito che il pagamento della prima rata comporta la revoca del fermo di beni mobili registrati in precedenza adottato.
Fonte: Il sole 24 ore autore Rosanna Acierno
I casi pratici
Le tutele per il contribuente anche alla luce delle modifiche del decreto del fare
01 IL FERMO DELL'AUTO
LA SITUAZIONE
Dopo la notifica di una cartella, un contribuente ha subito il fermo amministrativo dell'unico autoveicolo in suo possesso, utilizzato anche per recarsi al lavoro. Il contribuente ha chiesto, in via amministrativa e giudiziale, la sospensiva del fermo che, però, non gli è stata concessa in quanto non è riuscito a dimostrare l'infondatezza della pretesa e il danno grave e irreparabile. Che cosa può fare?
LA POSSIBILE SOLUZIONE
Per ottenere la cancellazione del fermo, il contribuente può chiedere a Equitalia una rateazione. In caso il pagamento della prima rata comporta la revoca del fermo di beni mobili registrati in precedenza adottato. In alternativa, il diretto interessato può comunque procedere al pagamento per intero delle somme dovute o sperare in un esito favorevole del contenzioso
02 LE RATE NON VERSATE
A seguito di un'iscrizione a ruolo e la notifica di una cartella, un contribuente aveva chiesto e ottenuto la dilazione del pagamento del proprio debito in 72 rate mensili. Tuttavia, a causa di un improvviso peggioramento della sua situazione finanziaria, l'interessato non è riuscito a pagare le rate mensili di giugno e luglio. Può evitare misure cautelari da parte di Equitalia pur sapendo di essere decaduto dal beneficio della dilazione?
Con le modifiche introdotte dal decreto del fare il debitore decade dal beneficio del termine se non versa otto rate, anche non consecutive, del piano di dilazione concessa. La nuova previsione si applica anche ai piani di rateazione già concessi prima dell'entrata in vigore (22 giugno 2013). Pertanto, qualora ne abbia la possibilità è opportuno che il contribuente ricominci a pagare le rate non ancora scadute per evitare azioni di Equitalia
03 LA DILAZIONE AUTOMATICA
A un contribuente è stata notificata una cartella di pagamento per un importo complessivo pari a circa 28mila euro, a seguito di omessi versamenti di imposte. Pur volendo evitare azioni di Equitalia e che il debito aumenti, il contribuente non dispone dell'intera cifra. Inoltre, è proprietario di alcuni immobili dai quali, però, non percepisce alcuna rendita in questo periodo. Il suo Isee non gli consentirebbe una dilazione, cosa può fare?
Entro il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella o anche dopo, il contribuente può chiedere una dilazione, presentando all'agente della riscossione una semplice istanza motivata. Per importi iscritti a ruolo fino a 50mila euro, infatti, la condizione di temporanea difficoltà non è soggetta ad alcuna valutazione da parte di Equitalia. Pertanto, non occorre presentare alcun documento, come l'Isee, che attesti l'obiettiva difficoltà
04 L'ULTIMO STIPENDIO
Equitalia ha notificato a un contribuente (lavoratore dipendente) un atto di pignoramento presso terzi a seguito di una cartella esattoriale mai pagata. In particolare, l'agente della riscossione ha avvisato il debitore che, entro 60 giorni dalla notifica, procederà con l'ordinare al suo datore di lavoro di versare le somme dovute direttamente nelle sue mani. Il diretto interessato può ancora scongiurare il pignoramento?
Entro i 60 giorni dalla notifica del pignoramento, il debitore potrà tentare di far valere le proprie ragioni per evitare che nel frattempo il datore di lavoro disponga l'accredito delle somme pignorate. Nel caso in cui comunque Equitalia proceda con il pignoramento del conto corrente del debitore, il datore di lavoro non dovrà versare all'agente della riscossione l'ultima mensilità ricevuta a titolo di salario o retribuzione dal contribuente e accreditata sul conto
Fonte: Il sole 24 ore
Pignoramento presso terzi. Gli importi versati dal datore sul conto corrente
L'accredito dell'ultimo stipendio è al riparo
L'agente della riscossione può attivare una speciale forma di pignoramento presso terzi (comunque non prima di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento), che si concretizza nell'ordinare al debitore del contribuente pignorato di versare le somme direttamente nelle sue mani.
Per effetto delle modifiche apportate dal testo originario del Dl 69/2013 (articolo 52, comma 1, lettera e), il termine entro cui tale pagamento deve avvenire è stato elevato da 15 a 60 giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento. In tal modo, il debitore che ritiene di avere fondate ragioni da opporre all'iniziativa di riscossione avviata, potrà attivare, nel termine di 60 giorni dalla notifica del pignoramento, le tutele del caso evitando che, nel frattempo, il terzo disponga l'accredito delle somme pignorate.
È necessario, comunque, ricordare le soglie per la pignorabilità dello stipendio e delle altre indennità connesse al rapporto di lavoro. Fino a 2.500 euro la quota pignorabile è un decimo, per somme comprese tra 2.500 e 5mila euro è un settimo, mentre se si superano i 5mila euro si applica la quota di un quinto, che costituisce il limite massimo pignorabile.
Sempre il 69/2003 (articolo 52, comma 1, lettera f) ha stabilito che se l'accredito delle somme dovute a titolo di pensione, salario, stipendio o di altra indennità derivante da un rapporto di lavoro o di impiego confluiscono in un conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo. Così la somma rimarrà nella piena disponibilità del contribuente.
Il limite di un quinto
Il decreto del fare fissa paletti anche sul pignoramento dei beni strumentali. In caso di mancato pagamento del debito, infatti, gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore possono essere pignorati al massimo per un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall'ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito. Il Dl 69/2013 (articolo 52, comma 1, lettera d) stabilisce i limiti al pignoramento si applicano anche qualora il debitore sia costituito in forma societaria e, in ogni caso, se nelle attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro.
A tal proposito, la giurisprudenza ha prevalentemente ritenuto che la pignorabilità dei beni strumentali sia sempre residuale e presupponga la sussistenza di una pluralità di beni nell'attività di impresa o professionale, il cui pignoramento nei limiti del quinto, non deve pregiudicare il regolare funzionamento dell'attività. Di conseguenza, non si può considerare pignorabile il bene ritenuto necessario al processo lavorativo in assenza di strumenti analoghi tali da consentire comunque al debitore lo svolgimento della propria attività lavorativa.
Inoltre, il primo incanto non può essere fissato prima di 300 giorni dal pignoramento e il debitore è designato custode dei beni.
Fonte: Il sole 24 ore

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