Non è di comodo la società che svolge un’attività economica, anche in perdita

La C.T. Prov. Cagliari stabilisce che i risultati negativi per errate scelte aziendali non possono fondare gli accertamenti
Con la sentenza n. 757/6/14, la Commissione tributaria provinciale di Cagliari ha accolto il ricorso contro il provvedimento di diniego della disapplicazione della disciplina delle società non operative emesso nei confronti di una società operante nel ramo agricolo e zootecnico.
La sentenza contiene alcuni elementi di interesse anche al di fuori dello specifico contesto, potenzialmente utili nei ricorsi che, in attesa della riforma della materia che verrà operata dalla legge delega di riforma fiscale, si annunciano numerosi visto il contesto economico particolarmente negativo.
Nella specifica situazione oggetto della sentenza, relativa al periodo d’imposta 2011, la società aveva evidenziato ricavi largamente inferiori a quelli minimi presunti a causa di una crisi protrattasi nel tempo, alla quale tuttora la società non è stata in grado di fare fronte. Le contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate nel provvedimento di diniego dell’istanza poi impugnato si riferivano essenzialmente al fatto che le motivazioni addotte riguardavano eventi lontani nel tempo (un’alluvione del 1999 e, soprattutto, il grave stato di crisi del soggetto controllante, che aveva avuto ripercussioni a catena nelle controllate).
La Commissione sarda ha accolto il ricorso contro il provvedimento di diniego (che, va da sé, conferma l’impugnabilità autonoma del suddetto atto) in base a motivazioni che, come detto, possono assumere una valenza generale.
In primo luogo, viene evidenziato che i risultati negativi dovuti ad errate scelte aziendali non possono costituire il fondamento degli accertamenti basati sulla normativa delle società di comodo: viene, in questo modo, “smontato” un possibile parallelismo tra la normativa in questione e il vasto filone giurisprudenziale che ritiene obbligatorio per l’imprenditore ottenere risultati in linea con i normali canoni dell’economia (risultati che, nel caso delle società di comodo, troverebbero una loro forfettizzazione nei ricavi minimi determinati a norma dell’art. 30 comma 1 della L. 724/94).
Diversamente, la sentenza 757/6/14 rileva che l’esercizio in sé di un’attività economica, seppure con risultati negativi, è sufficiente ad escludere l’accertamento (accertamento che, se confermato, finirebbe invece per punire – per usare le stesse parole dei giudici – condotte meramente colpose sul piano imprenditoriale, fatto che condurrebbe ad una violazione dell’art. 53 della Costituzione).
Sono di comodo le sole società i cui beni sono utilizzati dai soci
La seconda motivazione di interesse è da ricercarsi nella constatazione per cui le disposizioni sulle società di comodo dovrebbero essere riservate alle società “nelle quali i soci poco o nulla hanno investito, utilizzandole come strumenti per conseguire vantaggi fiscali non dovuti”, mentre invece non dovrebbero riguardare le situazioni nelle quali vi è un’attività economica effettiva e le società stesse sono state (come nel caso in esame) destinatarie di investimenti anche ingenti, i quali non hanno però fruttato sia per un contesto di crisi del gruppo, sia per scelte imprenditoriali rivelatesi a posteriori errate.
La Commissione evidenzia, inoltre, che accadimenti lontani nel tempo non sono necessariamente irrilevanti ai fini del giudizio: nella situazione poi giunta a sentenza, infatti, essi sono stati debitamente tenuti in considerazione, proprio in quanto la loro portata (un indebitamento della società per venti milioni di euro) ha avuto un effetto a catena per molti esercizi e il collegamento con i risultati negativi del 2011 è stato ritenuto provato dai giudici cagliaritani.
Da ultimo, è stato stabilito che l’Ufficio non può pretendere che, a fronte dei risultati negativi persistenti, la società debba essere liquidata: la definitiva liquidazione presuppone, infatti, la vendita dei beni aziendali (vendita che, effettivamente, nella specifica situazione era stata programmata, ma che non ha trovato attuazione per mancanza di acquirenti); la stessa sentenza afferma comunque che la scelta di non sciogliere la società non è di per sé elusiva o strumentale all’ottenimento di benefici fiscali.
Va da sé che le conclusioni della sentenza n. 757/6/14, pur se riferite alla disciplina delle società non operative, possono avere un loro significato anche per gli eventuali ricorsi contro accertamenti basati sulla normativa delle società in perdita sistematica, nei quali la dimostrazione dell’effettivo esercizio di un’attività economica avrebbe quindi una valenza decisiva.
Fonte: Eutekne autore Gianluca ODETTO

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