Antieconomicità della sponsorizzazione: maggiori chance di difesa

Premessa – Le spese di sponsorizzazione sono costi sostenuti dall’imprenditore, in genere per sostenere lo svolgersi di eventi e manifestazioni, al fine di ottenere la pubblicizzazione del proprio prodotto o marchio (esempio lo sponsor riportato sulle maglie delle squadre di calcio e sulle tute dei giocatori, ecc.). 
Seguono lo stesso trattamento contabile e fiscale previsto per le spese di pubblicità. In particolare, a norma dell’OIC 24, per essere contabilizzate (e capitalizzate) deve trattarsi di costi relativi ad azioni dalle quali la società ha la ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici risultanti da attendibili piani di vendita. Da un punto di vista fiscale, invece, l’art. 108 del TUIR dispone che la loro deducibilità può avvenire nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. 
Le spese di sponsorizzazione, dunque, per essere contabilizzate e poi dedotte fiscalmente, richiedono come requisito “l’aspettativa del conseguimento di maggiori ricavi” da parte dell’imprenditore. 
L’antieconomicità della sponsorizzazione – Qualora l’Agenzia delle Entrate dovesse riscontrare un’elevata sproporzione tra la spesa di sponsorizzazione sostenuta dall’imprenditore e il ritorno economico derivante da quest’investimento, potrebbe rinvenire nell’operazione stessa la c.d. “antieconomicità” e la non inerenza del costo all’attività d’impresa, notificando al contribuente un avviso di accertamento con cui riprende (totalmente o in parte) a tassazione il costo indebitamente dedotto. 
In particolare, l’antieconomicità di un’operazione si ha quando, a fronte di eccessivi costi sostenuti dall’impresa, vi è un ritorno economico, in termini di guadagno, molto ridotto o addirittura inesistente. Qualora, ciò si verifichi e l’imprenditore non è in grado spiegarne il motivo, l’Agenzia delle Entrate è legittimata all’accertamento in quanto indizio di evasione fiscale (si veda al riguardo anche la sentenza n.10802 del 24/7/2002, sezione V della Suprema Corte di Cassazione). 
Come può difendersi l’imprenditore – L’imprenditore che subisce un accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria gli contesta l’antieconomicità dell’eccessiva spesa di sponsorizzazione sostenuta, può ricorrere in Commissione Tributaria con buone probabilità di ottenere l’accoglimento dell’istanza. 
La già citata sentenza n. 10802 del 24/07/2002, sancisce che il giudice di merito, per poter annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatica di possibili violazioni di disposizioni tributarie. 
In particolare, i motivi che l’imprenditore destinatario dell’accertamento potrebbe sottoporre all’attenzione del giudice tributario possono essere vari, quali: 
- che la normativa vigente parla di “aspettativa di ritorni economici” e non di “obbligo” di maggiori ricavi che devono scaturire dall’investimento effettuato in sponsorizzazione; 
- che, nonostante non vi siano stati maggiori ricavi conseguiti, la spesa sostenuta potrebbe essere stata utile quanto meno a evitare una riduzione di fatturato, tenendo conto anche dello stato di crisi economica in cui oggi versa il Paese; 
- che la spesa sostenuta, nonostante non abbia portato maggiori ricavi, comunque potrebbe essere stata utile per portare a conoscenza, di un pubblico più ampio, del marchio e del prodotto aziendale; 
- che a priori, quando si è eseguita la scelta di investire in sponsorizzazione, definendo costi, tempi e modalità dell’investimento stesso, questa è stata fatta con l’obiettivo della massimizzazione del profitto senza avere “certezza” di quale ne sarebbe il ritorno economico; 
- che si tenga conto anche della realtà economica in cui opera l’impresa (realtà che potrebbe essere non molto florida). 
Sui motivi appena esposti, è fondata la sentenza n. 3421/67/2015 della Ctr Lombardia (sezione staccata di Brescia), con cui il giudice di secondo grado, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento ricevuto da una società cui era contestata l’antieconomicità delle spese di sponsorizzazione sostenute per un’associazione sportiva locale e partecipante a un campionato dilettantistico. 
Dunque, chi a oggi ricevesse un avviso di accertamento fondato sull’antieconomicità della spesa di sponsorizzazione, nell’impostare il ricorso dinanzi alla Ctp può richiamare e far riferimento alla sentenza appena citata ed avere maggiori possibilità di accoglimento (in tutto o in parte) del ricorso proposto.
Autore: Pasquale Pirone

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