COMUNICAZIONE BENI AI SOCI A TUTTO CAMPO

Comunicazione dei beni ai soci a tutto campo
Il Provvedimento del 16 novembre amplia l’ipotesi di comunicazione e sembra includere anche fattispecie non a rischio.
Dalla lettura del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2011, emanato con riferimento alla comunicazione dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari, emerge un ambito applicativo della comunicazione che risulta più ampio rispetto a quello desumibile dal DL n. 138/2011 convertito.
L’art. 2 comma 36-sexiesdecies del DL n. 138/2011 dispone, infatti, che la comunicazione in oggetto deve essere effettuata nelle ipotesi di cui al precedente comma 36-quaterdecies il quale prevede che “i costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile”.
Letteralmente tale rinvio poteva essere inteso in senso restrittivo, considerando dovuta la comunicazione solo nel caso di corrispettivo inferiore al valore di mercato ovvero in senso ampio, prevedendo l’obbligo di comunicazione in tutte quelle ipotesi in cui i beni dell’impresa sono concessi in godimento ai soci o familiari dell’imprenditore.
Il provvedimento del 16 novembre aderisce a quest’ultima impostazione, includendo però nella comunicazione anche ogni finanziamento e capitalizzazione da parte del socio o familiare nei confronti della società concedente il bene.
Ma il provvedimento si spinge oltre; al paragrafo 1.4 prevede, infatti, che la comunicazione deve essere effettuata anche con riferimento ai i beni concessi in godimento ai familiari dei soci ovvero ai soci o familiari di altre società appartenenti al medesimo gruppo.
Al di là di individuare l’esatta nozione di gruppo ai fini della norma in esame, emerge come l’ambito applicativo della disposizione possa risultare, almeno in teoria, estremamente vasto.
Questo per una serie articolata di ragioni che traggono origine anche dalle specifiche tecniche del provvedimento.
In primo luogo, sono oggetto di comunicazione le autovetture, gli altri veicoli (es. autocarri), le unità da diporto, gli aeromobili, gli immobili e gli altri beni di valore non superiore a 3.000 euro, al netto dell’IVA.
Questi beni devono essere censiti, a prescindere dall’utilizzo esclusivo e a prescindere dalla tipologia di contratto, comodato, caso d’uso o altre ipotesi come dispone l’allegato tecnico.
A questo si aggiunga che, sempre nell’allegato tecnico, viene previsto un apposito tracciato anche per i soci non persone fisiche (quindi società).
Nelle note si legge che è stato ipotizzato anche questo dato in quanto la norma sembra non escludere tale informazione, enfatizzando semplicemente la circostanza che il controllo venga effettuato sistematicamente sulle persone fisiche.
Dal punto di vista strettamente letterale, il ragionamento potrebbe anche essere plausibile, ma pare in pieno contrasto con la ratio dell’intervento legislativo, diretto a contrastare l’intestazione fittizia di beni solo da parte delle persone fisiche e non da parte delle società.
Risulta, quindi, indispensabile che l’Agenzia delle Entrate, in occasione della prossima circolare di commento, circoscriva le ipotesi d’interesse per l’Amministrazione al fine di evitare l’invio di una mole di dati abnorme, onerosa per i contribuenti e sostanzialmente inutile per l’Agenzia.
Si pensi, ad esempio, alle autovetture date in uso promiscuo a dipendenti che siano anche soci. Trattandosi di fattispecie già disciplinata dal TUIR, con tanto di calcolo convenzionale del compenso in natura, risulta difficile intravedere un rischio fiscale in tale operazione.
Si consideri poi che, per le società quotate, sarebbe quasi impossibile gestire questo adempimento, a meno di non istituire un obbligo di informativa costante a carico dei dipendenti che hanno in uso l’auto aziendale al fine di monitorare l’acquisto di azioni della società, posto che non esistono soglie quantitative rilevanti e sembra sufficiente possedere anche solo un’azione per essere soggetti alla procedura.
Allo stesso modo, dovrebbe essere chiarito come si deve comportare una società che ha in comodato d’uso alcuni macchinari di un’altra società dello stesso gruppo. 
Prima del provvedimento del 16 novembre era pacifico che per tale ipotesi il D.L. n. 138/2011 non determinasse implicazioni di sorta, la lettura dell’allegato tecnico pone invece alcuni dubbi che sarebbe opportuno chiarire.
La richiesta di tutti questi dati sembra poi ignorare che gran parte del successo del provvedimento dipenderà dall’effetto deterrente che lo stesso saprà generare, anche e soprattutto in relazione ai controlli sul campo da parte della Guardia di Finanza e dell’Agenzia. In tale prospettiva, risulta difficile comprendere le ragioni che hanno portato a prevedere un invio dei dati a consuntivo e non preventivo. 
In quest’ultima ipotesi, il timore dei controlli e delle relative sanzioni avrebbe reso la norma più efficace e avrebbe probabilmente consentito circoscrivere le informazioni da richiedere ai contribuenti.

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