MANOVRA MONTI E INCENTIVI ALLA CAPITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE

Vantaggi fiscali ACE con dubbi per il 2011
La formulazione letterale del DL 201/2011 sembra non consentire l’agevolazione per l’utile 2010 accantonato a riserva.
L’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DL 201/2011 consente di fare le prime valutazioni sull’incentivo alla capitalizzazione per le imprese contenuto all’art. 1 del Decreto, rubricato “Aiuto alla crescita economica” (ACE).
L’agevolazione fiscale, il cui vero acronimo è “Allowance for Corporate Equity”, riprende molti aspetti della Dual Income Tax di cui al DLgs. 466/97, premiando gli incrementi del patrimonio netto delle società (accantonamenti di utili o nuovi conferimenti e versamenti), ma consente rispetto a quest’ultima benefici maggiori, in quanto permette la deducibilità dal reddito d’impresa di una parte di tali incrementi (e non la loro tassazione ad aliquota ridotta) e non prevede un limite massimo agli incrementi patrimoniali agevolabili, che per la DIT era invece stabilito nella misura del patrimonio netto contabile della società.
Nell’attesa che vengano emanate le disposizioni attuative della suddetta disciplina, è possibile effettuare le prime ipotesi sul funzionamento dell’agevolazione per il 2011, ipotesi che fanno emergere alcune problematiche applicative legate ad una formulazione normativa non priva di incertezze.
Il funzionamento è, in prima battuta, semplice, in quanto la variazione in diminuzione è calcolata moltiplicando la variazione in aumento del “nuovo capitale proprio” per il coefficiente del 3% stabilito per legge.
Essendo la norma sostanzialmente retroattiva (l’ACE, infatti, si applica per la prima volta al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011), si può affermare che possono essere agevolati tutti i conferimenti in denaro (aumenti di capitale, versamenti in conto capitale o a fondo perduto ecc.) effettuati durante l’esercizio, anche prima dell’emanazione del DL 201/2011; per questi incrementi patrimoniali, tuttavia, vale un criterio pro rata temporis, per cui un versamento effettuato a inizio aprile 2011 vale per circa il 75%, uno effettuato a inizio luglio per circa il 50% e così via; non ha, quindi, particolare significato nell’ottica stretta dell’agevolazione un versamento effettuato in prossimità della fine del 2011, che rileverà per un frazione di scarsa entità (fermo restando, invece, che lo stesso versamento rileverà in misura piena per il 2012 e per i periodi ancora successivi, ipotizzando l’assenza di distribuzioni).
Più dubbi sorgono, invece, per gli incrementi di patrimonio derivanti dall’accantonamento dell’utile del 2010. Infatti:
- l’art. 1, comma 1, del DL 201/2011 agevola la variazione del capitale proprio “rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010”;
- il comma 5 prevede, però, che il capitale proprio “esistente alla chiusura dell’esercizio in corso nel primo anno di applicazione della disposizione” (ovvero, quello esistente al 31 dicembre 2011) sia pari al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tenere conto dell’utile dello stesso esercizio.
Ci si aspettava, invece, che fosse il patrimonio netto a fine 2010, e non quello a fine 2011, ad essere assunto al netto dell’utile d’esercizio. Era, infatti, così nell’ambito della normativa sulla DIT, che aveva previsto:
- l’agevolazione degli incrementi di capitale rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996;
- l’assunzione del patrimonio netto dello stesso esercizio in corso al 30 settembre 1996 (e non di quello successivo) al netto dell’utile d’esercizio.
Esclusi gli accantonamenti a riserve indisponibili
La formulazione letterale dell’art. 1 del DL 201/2011 sembra, quindi, non agevolare gli accantonamenti dell’utile 2010, in quanto tale operazione si risolve in un mero giroconto contabile (da utile d’esercizio a riserva), quando però il patrimonio netto complessivo non viene incrementato. Ad una soluzione favorevole alle imprese si potrebbe, invece, pervenire solo ipotizzando che la formulazione di legge sia frutto di un refuso, nel senso che il Legislatore avrebbe effettivamente voluto dire che il patrimonio netto 2010, e non quello 2011, è assunto non tenendo conto dell’utile.
Anche qualora si aderisca a questa tesi, va comunque detto che tutti gli accantonamenti alla riserva legale non verranno presi in considerazione ai fini dell’ACE; diversamente dalla DIT, che escludeva i soli accantonamenti derivanti dalla valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto, l’ACE esclude tutti gli accantonamenti alle riserve indisponibili, senza distinzioni di sorta legate al regime di indisponibilità della singola riserva di patrimonio netto.
Fonte: Eutekne

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