PRINCIPI DI REVISIONE PER GLI ENTI LOCALI

Per gli enti locali applicabili i principi della revisione aziendale
Il CNDCEC chiarisce che anche la revisione degli enti locali si basa sul rischio e che è impossibile escludere errori o irregolarità.
Nei 15 documenti emanati dal CNDCEC in materia di principi di revisione e comportamento degli organi di controllo degli enti locali trovano finalmente spazio concetti e principi tipici della revisione legale dei conti.
Infatti, sebbene l’art. 2 del DLgs. n. 286/1999 (in parte abrogato dal DLgs. n. 123/2011) prevedesse da tempo che nelle verifiche di regolarità contabile i revisori degli enti locali dovessero applicare (in quanto compatibili con la Pubblica Amministrazione) i principi generali della revisione aziendale asseverati dagli Ordini professionali, fino ad oggi raramente gli stessi sono stati applicati nella prassi operativa della revisione dei conti negli enti locali.
Va dato atto alla Commissione coordinata dal consigliere Giosuè Boldrini di aver chiarito che anche la revisione degli enti locali è attività basata sul rischio e che la stessa non può essere mai tale da escludere in modo assoluto la presenza di errori o irregolarità, in quanto è oggettivamente impossibile procedere a controlli così capillari e invasivi.
I principali principi di revisione aziendale applicabili alla revisione degli enti locali (seppur non espressamente richiamati nei documenti) sono:
- il n. 200 “Obiettivi e principi generali della revisione contabile del bilancio“;
- il n. 230 “La documentazione del lavoro di revisione”
- il n. 300 “Pianificazione della revisione contabile del bilancio”;
- il n. 315 “La comprensione dell’impresa e del suo contesto e la valutazione dei rischi di errori significativi”;
- il n. 330 “Le procedure di revisione in risposta ai rischi identificati e valutati”;
- il n. 500 “Gli elementi probativi della revisione”;
- il n. 505 “Le conferme esterne”;
- il n. 530 “Campionamento di revisione ed altre procedure di verifica con selezione delle voci da esaminare”.
Il documento n. 2 rubricato, “Funzione di vigilanza e di controllo contabile”, prevede espressamente che il revisore dell’ente locale debba valutare i rischi connessi ad errori nei documenti contabili e i rischi di mancata compliance normativa, statutaria e regolamentare, tramite l’acquisizione della conoscenza dell’ente assoggettato a revisione e attraverso la valutazione dell’affidabilità del sistema di controllo interno.
In altri termini, si chiede al revisore dell’ente locale di valutare il rischio intrinseco e il rischio di controllo. Il documento prosegue prevedendo che, nella redazione del “piano generale di controllo amministrativo contabile” e dei “programmi di revisione”, il revisore debba tener conto della circostanza che la trimestralità delle verifiche è un obbligo minimo e che le stesse devono avere una frequenza legata alle dimensioni e complessità dell’ente, facendo prevalere una sensibilità più di tipo istituzionale che economica.
Pianificare l’attività di revisione sta a significare che i controlli saranno più estesi e frequenti sulle aree dove il rischio di errori o non conformità è stato giudicato più elevato, per cui sono assolutamente da escludere verifiche ripetitive e formali. È previsto che il revisore, al fine di limitare il rischio di revisione, effettui un esame delle procedure e dei sistemi contabili e amministrativi dell’ente, ponendo in essere test di conformità per valutarne la concreta applicazione e l’efficacia.
Revisori tempestivi nel comunicare gli errori
I revisori non saranno responsabili nella misura in cui hanno correttamente pianificato l’incarico, valutato i rischi, identificato le debolezze del sistema di controllo interno e comunicato tempestivamente al consiglio, con propria relazione, le circostanze che inevitabilmente generano (o possono generare) errori nella contabilità e nella gestione.
I nuovi principi richiamano, in alcuni passaggi, strumenti di revisione tipici della revisione aziendale, quali le conferme esterne (circolarizzazioni), le conte fisiche, le indagini (interviste presso responsabili).
I nuovi principi richiamano in più parti le carte di lavoro e in particolare affermano che tutte le attività di vigilanza contabile devono essere documentate e risultare dalle carte di lavoro e che solo al termine di un processo di revisione, ordinate ed archiviate le carte di lavoro, il revisore potrà esprimere un motivato giudizio. Ne discende che il revisore dell’ente locale dovrà non solo seguire le fasi tipiche della revisione aziendale ma anche documentare i propri controlli, oltre che nel libro dei verbali, anche nelle carte di lavoro che dovranno essere tenute ed archiviate in modo appropriato.
Molto importanti sono anche le indicazioni che i principi forniscono in materia di campionamento nella revisione degli enti locali. L’art. 239 del DLgs. 267/2000 (TUEL) dispone che il revisore, nel vigilare sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione, possa avvalersi di “tecniche motivate di campionamento”. Il documento n. 2 del CNDCEC fornisce alcune indicazioni su come debbano essere poste in essere le operazioni di campionamento.
Le tecniche di campionamento devono assicurare che i campioni prescelti siano qualitativamente e quantitativamente rappresentativi e significativi. Per far questo occorre collegare il campionamento al rischio individuato, per cui la dimensione del campione sarà direttamente proporzionale al rischio valutato. Il revisore potrà far uso di tecniche di campionamento statistico e di tecniche di campionamento soggettive. In quest’ultimo caso le procedure di selezione e la dimensione del campione sono affidate al giudizio professionale del revisore.
Fonte: Eutekne

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