E' COSTITUZIONALE LA DOPPIA CONTRIBUZIONE PER SOCI AMMINISTRATORI DI SRL

Con una sentenza depositata ieri, la Consulta ne ha sancito la piena conformità anche rispetto alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
È salva dalle censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’Appello di Genova (ordinanza del 22 11 2010) la norma sull’obbligo della doppia contribuzione - sia nella Gestione dei commercianti che nella Gestione separata - in capo ai soci lavoratori e amministratori di srl commerciale. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 15, depositata ieri, ha infatti dichiarato la piena conformitàalla Costituzione, nonché alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“CEDU”) dell’art. 12, comma 11, del DL 78/2010; si tratta della norma di “interpretazione autentica” con la quale il Legislatore ha inteso risolvere in via definitiva la questione concernente l’obbligo, per il socio di una srl che partecipi personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e che, nel contempo, sia anche amministratore, riscuotendo un apposito compenso, di iscriversi e di versare i contributi sia alla Gestione commercianti per la prima attività che presso la Gestione separata per la seconda, oppure soltanto presso la Gestione previdenziale istituita per l’attività prevalente (art. 1, comma 208, della L. 662/1996).
Va ricordato, innanzitutto, che l’INPS e la giurisprudenza di merito hanno da sempre sostenuto la legittimità della doppia iscrizione, adducendo le seguenti argomentazioni:
- la cumulabilità con ogni altra forma di assicurazione obbligatoria dell’iscrizione alla Gestione separata, la quale, non essendo subordinata al requisito della prevalenza, risulta obbligatoria ogniqualvolta si sia titolari di determinati tipi di reddito (nella specie, redditi assimilati al lavoro dipendente derivanti dall’ufficio di amministratore);
- l’applicabilità dell’opzione tra Gestioni previdenziali in base al criterio della prevalenza, prevista dal citato comma 208, alle sole “attività miste” (es. artigiano e commerciante), ossia attività omogenee per tipologia di apporto professionale, benché inquadrate in diversi settori produttivi. 
In senso opposto, almeno fino all’intervento del DL 78/2010, si era espressa la prevalente giurisprudenza di legittimità, giungendo ad affermare a Sezioni Unite, con la sentenza n. 3240 2010, l’applicabilità del principio della prevalenza anche al socio lavoratore e amministratore di srl commerciale. Pochi mesi dopo, però, l’orientamento dell’INPS è stato recepito a livello legislativo: l’art. 12, comma 11, del DL 78/2010, infatti, escludendo esplicitamente le attività lavorative soggette all’iscrizione alla Gestione separata dal novero delle attività autonome - identificate nelle attività esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti - per le quali opera il principio dell’iscrizione alla sola Gestione previdenziale istituita per l’attività prevalente, ha sancito il principio della doppia contribuzione. 
Ciò ha riaperto il dibattito interpretativo: da un lato, è stato nuovamente sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione, che, superando il precedente indirizzo, hanno fatto applicazione della nuova norma, qualificandola come “dichiaratamente ed effettivamente d’interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata” (cfr. Cass. SS.UU. n. 17076 2011); dall’altro, la Corte d’Appello di Genova, con l’ordinanza citata, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 11, ritenendolo in contrasto con il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.) e con numerosi altri principi costituzionali, nonché con l’art. 6 della CEDU, essendo stato introdotto al fine di incrementare il gettito contributivo dell’INPS, in assenza, quindi, di quei “superiori motivi di interesse generale”, che, secondo la giurisprudenza comunitaria e costituzionale, legittimano l’introduzione di norme interpretative di portata retroattiva.
Secondo la Consulta, la questione non è fondata. Ribadito che il Legislatore può emanare disposizioni retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, la Corte ha evidenziato come l’opzione ermeneutica prescelta dal DL 78/2010 non abbia introdotto nella disposizione interpretata elementi ad essa estranei, limitandosi ad assegnare alla stessa un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. Ciò per garantire la certezza applicativa del sistema, in precedenza caratterizzato dal contrasto sorto in ordine all’interpretazione dell’art. 1, comma 208, della L. 662/1996, fonte di dubbi ermeneutici e di conseguente incremento del contenzioso. Deve, quindi, escludersi ogni carattere d’irragionevolezza della norma, così come ogni contrarietà della stessa all’art. 3 Cost. e agli altri principi costituzionali cui faceva riferimento l’ordinanza di rimessione. È indubbio, inoltre, che tale soluzione, determinando il superamento di una situazione di oggettiva incertezza, abbia contribuito a realizzare principi di interesse generale e di rilievo costituzionale, quali la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, con ciò allineandosi pienamente ai principi sanciti con riferimento all’art. 6 della CEDU.
Fonte: Eutekne autore Francesco Tosco

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