IL SEGRETO PROFESSIONALE DEL DOTTORE COMMERCIALISTA

Segreto professionale: i chiarimenti del CNDCEC con il pronto ordini n. 326/2011.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili con il pronto ordini n. 326/2011 ha fornito alcune importanti precisazioni in relazione al segreto professionale e ai suoi riflessi rispetto la prestazione della testimonianza. 
Prima di illustrare nel dettaglio le precisazioni del CNDCEC, ricordiamo che l’ufficio di testimone, secondo quanto previsto dal nostro codice di procedura penale, ha carattere obbligatorio: il testimone renitente, reticente o falso può essere perseguito penalmente, fatta eccezione nei casi in cui viene richiesta la rappresentazione in giudizio di fatti che sono coperti – per quanto di nostro interesse – da segreto professionale. La ratio dell'obbligo del segreto professionale risiede evidentemente nella necessità di tutelare l'interesse del cliente nei confronti di tutti quei soggetti che possono essere portatori di un interesse anche solo potenzialmente in contrasto con esso. Chiaramente, il segreto professionale sussiste fino a quando lo stesso cliente acconsenta alla sua rivelazione: in tal caso il professionista è sollevato da ogni responsabilità disciplinare, civile e penale. 
Con il pronto ordini n. 326/2011 il CNDCEC precisa che secondo quanto previsto dall'art. 5 del DLgs. 139/05 "gli iscritti nell'Albo hanno l'obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del codice di procedura penale e l'articolo 249 del codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti". Sempre secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 139/2005 agli iscritti nell'Albo è riconosciuta - in virtù del richiamo agli artt. 199 e 200 c.p.p. e 249 c.p.c. - la facoltà di astenersi dal rendere testimonianza sia nel processo penale, sia nel processo civile. Sono, tuttavia, escluse dall'esercizio di questa facoltà le attività di "revisione e di certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci e quelle relative alle funzioni di sindaco e di revisore di società o di enti". 
Dal punto di vista soggettivo l'obbligo di mantenere il segreto professionale, insieme al dovere di riservatezza, si estende: 
► ai collaboratori; 
► ai dipendenti; 
► ai tirocinanti del professionista. 
Il segreto, inoltre, deve essere rispettato anche nei confronti di ex-clienti, quindi anche dopo la cessazione dell'incarico, nonché nei confronti di coloro che si sono rivolti al professionista per chiedere assistenza senza che il mandato sia stato poi accettato. 
Secondo quanto precisato dal CNDCEC, l'ambito oggettivo di tutela del segreto professionale comprende: 
► tutte le informazioni relative al proprio cliente; 
► le informazioni fornite al professionista dal cliente, ma relative a terzi; 
► le notizie di cui il professionista sia venuto a conoscenza in dipendenza dello svolgimento della propria attività. 
Sono esclusi dal dovere di segretezza i fatti notori, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgate dalla stessa parte assistita. 
L'indebita rivelazione del segreto professionale espone il dottore commercialista al pericolo di vedersi addebitata una responsabilità non solo disciplinare ma anche penale e civile. Il professionista che viola il segreto professionale – fatta eccezione, come indicato sopra, nel caso in cui il cliente abbia acconsentito alla rivelazione -, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto di rivelazione del segreto professionale previsto dall'art. 622 c.p. 
Evidenziamo, infine, che il professionista può essere citato ed escusso come testimone nell'ambito del procedimento ed ha, pertanto, l'obbligo di presentarsi al giudice e, qualora decida di astenersi dal testimoniare, deve esternare, in quella sede, la propria volontà mediante una specifica dichiarazione. Questa dichiarazione è soggetta al vaglio dell'autorità giudiziaria. Stabilisce, infatti, il secondo comma dell'art. 200 c.p.p. che il giudice, se ha motivo di dubitare della fondatezza della eccezione del segreto professionale, può compiere i necessari accertamenti. Dalla norma si evince che il giudice deve valutare l'esistenza di un rapporto professionale fra il dottore commercialista/esperto contabile e il cliente-imputato e, secondo alcuni, anche l'inerenza della notizia rispetto al rapporto professionale. Nel caso in cui il giudice ritenga che tale rapporto non sussista o che la notizia sia conosciuta per ragioni "non professionali" (ma per rapporti di parentela, amicizia, anche se con il cliente), e quindi il professionista non sia tenuto al segreto professionale, il giudice può ordinare allo stesso di rendere testimonianza.
Fonte: La Lente sul Fisco

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