PASSAGGIO GENERAZIONALE DI IMPRESA: LO STUDIO DEL NOTARIATO

Passaggio generazionale d’impresa: trattamento fiscale del conferimento d’azienda.
Con lo studio n. 36-2011/T il Consiglio Nazionale del Notariato ha fornito alcune precisazioni in relazione agli strumenti più utilizzati per effettuare il passaggio generazionale d’impresa. Attraverso tale studio il CNN ha fornito una approfondita analisi di tutte le questioni di carattere fiscale che potrebbero emergere in tali operazioni. 
Prima di illustrare i chiarimenti forniti dal CNN, con particolare riguardo al conferimento d’azienda, ricordiamo che con l’espressione “passaggio generazionale d’impresa”, si indica, nel linguaggio economico-giuridico, una serie di operazioni, idonee a garantire la successione, inter vivos o mortis causa, nell’esercizio, diretto o indiretto, dell’impresa. 
Il CNN innanzitutto evidenzia che il passaggio generazionale dell’impresa può ben attuarsi attraverso il conferimento dell’azienda in una società preesistente oppure di nuova costituzione (c.d. NewCo), sia quando, in questo modo, l’imprenditore conferente passa da una gestione diretta (l’esercizio in forma individuale) ad una indiretta dell’impresa (ossia, mantenendo le partecipazioni nella società); sia quando l’imprenditore proceda, successivamente, alla cessione delle partecipazioni ricevute. In termini generali, è possibile affermare che il conferimento dell’azienda gode di un regime fiscale particolarmente favorevole, tanto nella imposizione diretta (essendo prevista la regola della neutralità) quanto in quella indiretta (con la esclusione Iva e l’imposizione fissa nel tributo di registro e nelle imposte ipo-catastali). 
Riguardo alle imposte dirette, il CNN precisa che il conferimento di azienda è disciplinato dall’art. 176, Tuir che, nella formulazione attualmente in vigore, configura un regime impositivo obbligatorio (e non opzionale), in base al quale l’operazione, quando realizzata tra soggetti residenti nell’esercizio di imprese commerciali, non costituisce “realizzo di plusvalenze o minusvalenze”. Nonostante, dunque, la equiparazione di sistema operata dall’art. 9, ultimo comma, Tuir, tra conferimenti e cessioni a titolo oneroso, quando il conferimento abbia ad oggetto un complesso aziendale, la scelta del legislatore è quella della neutralità fiscale, ossia del mancato realizzo di plus/minusvalori relativamente ai beni aziendali. La neutralità, tuttavia, è strettamente legata (come si è visto analizzando l’art. 58, Tuir), alla regola della continuità dei valori fiscali. In questo senso, l’art. 176 prevede che: 
► il soggetto conferente assuma, quale valore fiscale delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita; 
► il soggetto conferitario subentri nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa (facendo risultare i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti da un apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi). 
La continuità dei valori fiscali è quindi prevista non solo per la società conferitaria, ma anche per il soggetto conferente, il quale, teoricamente, dopo il conferimento potrebbe detenere le partecipazioni in qualità di imprenditore individuale (qualora conferisca un ramo di azienda) oppure in qualità di persona fisica (qualora conferisca l’intera azienda e questo è il caso tipico di passaggio generazionale). 
Nelle imposte indirette, il conferimento di azienda è una operazione che subisce una imposizione non proporzionale ma fissa, collegata cioè al solo atto e non agli effetti giuridici, conformemente a quanto previsto, in ambito comunitario, dalla Direttiva 69/335 CEE sulla “raccolta di capitali”. L’imposta fissa è prevista sia per il tributo di registro dall’art. 4, Tariffa, D.P.R. 131/86 sia, qualora l’azienda contenga immobili, per le imposte ipo-catastali, dall’art. 10 D.lgs. 347/90 e dagli artt. 4, 10, Tariffa, D.lgs. n. 347/1990. Come già si è detto, il conferimento di azienda esula, invece, dal campo applicativo Iva, stante la espressa esclusione di cui all’art. 2, c. 3, lett. b), D.P.R. 633/72. 
Ovviamente, la condizione per l’applicazione di tale regime fiscale (e lo stesso deve dirsi con riferimento all’imposizione diretta) è che si tratti del conferimento di azienda, ossia di un complesso produttivo potenzialmente idoneo all’esercizio dell’impresa e non, invece, del conferimento di singoli beni “mascherato” da conferimento di azienda. Ipotesi assai ricorrente nella pratica, quando si tratta di conferire beni immobili o beni immateriali (es. marchi), che sarebbero altrimenti tassati in modo proporzionale; ipotesi che l’Amministrazione finanziaria può considerare come conferimenti di singoli beni e non d’azienda semplicemente qualificando l’operazione diversamente da quanto fatto dalle parti, in base ai canoni ordinari di interpretazione dei negozi giuridici.
Fonte: Redazione La Lente sul Fisco

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