LA CAPARRA CONFIRMATORIA: IMPOSIZIONE INDIRETTA

La caparra diventa «acconto» solo in caso di effettiva incertezza
In un recente studio, il Notariato affronta alcuni aspetti problematici legati all’imposizione indiretta della caparra confirmatoria.
Lo studio n. 185-2011/T, recentemente pubblicato sul sito internet del Consiglio Nazionale del Notariato, esamina alcune questioni problematiche legate all’imposizione indiretta della caparra confirmatoria.
Si ricorda che, a norma dell’art. 1385 c.c., la caparra confirmatoria è quella somma di denaro che viene corrisposta da una delle parti del contratto, a scopo di garanzia, come “prezzo” per l’eventuale inadempimento.
Nel caso in cui il contratto sia regolarmente adempiuto, la caparra deve essere restituita, oppure può essere imputata al corrispettivo dovuto. Nel caso in cui, invece, il contratto non venga adempiuto:
- se l’inadempimento è posto in essere da colui che ha consegnato la caparra, l’altra parte (quella che non è stata inadempiente) potrà recedere dal contratto, trattenendo la caparra a titolo di risarcimento del danno patito;
- se l’inadempimento è posto in essere da colui che ha ricevuto la caparra, egli dovrà restituirne il doppio (nel caso in cui l’altra parte scelga di recedere il contratto).
La parte non inadempiente, peraltro, può anche decidere di chiedere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, ma in tal caso il risarcimento del danno da inadempimento è regolato dalle norme generali e se ne dovrà accertare l’ammontare.
A norma della nota all’art. 10 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, la caparra confirmatoria prevista dal contratto preliminare è soggetta ad imposta di registro con l’aliquota dello 0,50%
Inoltre, a norma della medesima nota, l’imposta pagata sulla caparra è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.
La caparra confirmatoria, peraltro, è estranea al campo di applicazione dell’IVA, per mancanza del presupposto oggettivo, in quanto ha natura risarcitoria.
Il trattamento impositivo riservato alla caparra confirmatoria si differenzia da quello riservato agli acconti sul prezzo che, a norma del medesimo articolo 10 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, sono soggetti ad imposta di registro nella misura del 3% (ove il definitivo non sia soggetto ad IVA), mentre scontano immediatamente l’IVA al momento della corresponsione, nel caso in cui il definitivo sia soggetto ad IVA.
Pertanto, come rilevato dal Notariato nello studio n. 185-2011/T, è particolarmente importante distinguere quando la somma corrisposta al momento della stipula del preliminare configuri una caparra o un acconto, in quanto da tale qualificazione scaturiscono rilevanti conseguenze di carattere fiscale.
In proposito, la prassi (ris. Agenzia delle Entrate 1° agosto 2007 n. 197) e la giurisprudenza hanno affermato che, ove la clausola utilizzata dalle parti nel contratto preliminare attribuisca espressamente alla somma corrisposta a titolo di caparra anche la funzione di acconto prezzo, si deve privilegiare la funzione di acconto, con applicazione dell’imposta di registro del 3% o dell’IVA (ove il contratto definitivo sia soggetto ad IVA).
Tale conclusione si giustifica – precisa il Notariato – in quanto clausole contrattuali di tal genere (che uniscono la funzione di caparra e quella di acconto) rendono ambiguo il titolo della dazione di denaro, sicché – nel dubbio – si rende necessario dare prevalenza al regime fiscale (più gravoso) dell’acconto.
Prevale il regime fiscale dell’acconto
Tuttavia, secondo lo studio, non sempre tale ambiguità sussiste (e, di conseguenza, non sempre si può applicare la disciplina fiscale degli acconti).
Ad esempio, non si deve trattare come “acconto” la somma corrisposta a titolo di caparra se il contratto prevede che, in caso di adempimento, tale somma sia imputata al corrispettivo dovuto. Tale conseguenza, infatti, è espressamente prevista dall’art. 1385 c.c. che disciplina la caparra e non è, quindi, idonea a modificarne la natura, in quanto la caparra, solo dopo l’adempimento, viene utilizzata per pagare il prezzo pattuito, anziché essere restituita.
Pertanto, ove il contratto faccia solo riferimento a questa funzione “finale” della caparra, ciò non basta a qualificarla come acconto e assoggettarla all’imposta di registro del 3% (o all’IVA), mentre tale trattamento può essere riservato ai soli casi in cui vi sia un’obiettiva ambiguità sulla natura della somma corrisposta al momento della stipula del preliminare.
Fonte: Eutekne autori Anita MAURO 




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