PERMUTA DI IMMOBILI: CALCOLO DELLA PLUSVALENZA

Con lo studio n. 45-2011/T il Consiglio Nazionale dei Notariato ha illustrato la disciplina concernente il calcolo della base imponibile della plusvalenza derivante dalla cessione di immobili ai sensi dell’articolo 68 primo comma del TUIR tramite permuta. 
Ai sensi della citata disposizione, le plusvalenze di cui all’art. 67 sono costituite dalla differenza “tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”. In base a quanto previsto dal secondo comma dello stesso art. 68, inoltre, “il costo dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art.67 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili. Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione, si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili”. 
Il CNN, al riguardo, ha ritenuto utile soffermarsi sulle modalità di calcolo del differenziale con riferimento alla permuta. 
Con riferimento a tale strumento negoziale, atteso il disposto dell’art. 68 citato, non è apparsa di immediata soluzione l’individuazione delle grandezze da prendere in considerazione ai fini del calcolo della plusvalenza; ciò induce, talvolta, a dover ricorrere al criterio del cosiddetto “valore normale” di cui all’art. 9, comma 3, del Tuir, dovendo intendersi per tale il “prezzo o costo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”. 
Più precisamente, nell’ipotesi di permuta, in cui la controprestazione della cessione non è rappresentata da un corrispettivo in denaro, ai fini del calcolo della plusvalenza, l’unica possibilità per pervenire al calcolo del differenziale è parsa quella di sottrarre al valore normale del bene che si cede il costo sostenuto per l’acquisto o costruzione del medesimo. 
Particolarmente problematica è l’ipotesi, peraltro piuttosto frequente, della permuta di cosa presente con cosa futura (potrebbe essere il caso della cessione di terreno contro unità immobiliari da costruire); in questo caso, infatti, un primo profilo di non agevole risoluzione è se il presupposto impositivo debba intendersi realizzato al momento della stipulazione del contratto ovvero al momento della venuta ad esistenza del bene futuro (bene che rappresenta il corrispettivo della cessione). E’ evidente che laddove si ritenesse che la plusvalenza si realizza al momento della stipulazione del contratto, ci sarebbero difficoltà legate alla concreta tassabilità della stessa, considerato che per l’imponibilità dei redditi diversi opera attualmente il principio “di cassa”, in luogo del principio “di competenza”; sulla base di detto principio, infatti, la plusvalenza dovrebbe essere tassabile solo con il venire ad esistenza del bene futuro.
Fonte: Redazione La Lente sul Fisco

Commenti