BONUS SUD: SERVE L'ACCERTAMENTO

Stop al recupero dei crediti d'imposta per le assunzioni al Sud con il semplice ricorso alla procedura di controllo automatizzato delle dichiarazioni (articolo 36-bis del Dpr 600/1973). 
È necessaria, infatti, una procedura di accertamento tributario che consenta al contribuente di inquadrare le motivazioni che consentono il recupero e proporre ricorso nei termini previsti. A stabilirlo la sentenza 13/7/2012 della Ctr Marche.
I giudici di secondo grado hanno esaminato il caso di un contribuente che aveva materialmente fruito della quota aggiuntiva del bonus assunzioni per le aree depresse del Mezzogiorno, oltre i limiti consentiti dal regime comunitario de minimis. 
L'agevolazione era stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 7 della legge 388/2000 per essere poi rimodellata nel contesto dell'articolo 63 della legge 289/2002. La misura consiste in un bonus fiscale, spendibile in compensazione di qualsiasi tributo pagabile con il modello F24, per ogni nuova assunzione operata sul territorio nazionale con contratto di lavoro a tempo indeterminato che costituisca un incremento della base occupazionale. La norma – in entrambe le versioni – ha ritenuto poi opportuno che si assicurasse un credito d'imposta aggiuntivo per le assunzioni effettuate nelle zone svantaggiate del Paese. In questi territori, tuttavia, il bonus occupazione può essere fruito – secondo l'interpretazione del l'agenzia delle Entrate – solo nei limiti del regime de minimis. Posizione, però, su cui la dottrina ha sollevato molti dubbi. Pertanto molte imprese hanno deciso di fruire della quota aggiuntiva del bonus oltre i limiti dettati dal regolamento comunitario. 
Nella vicenda al centro della sentenza 13 luglio 2012, l'amministrazione finanziaria ha ritenuto sufficiente la procedura automatica prevista all'articolo 36-bis del Dpr n. 600/73, adoperata per correggere errori materiali e di calcolo commessi dal contribuente nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi, ma anche per i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge o non spettanti sulla base dei dati e risultanti dalle dichiarazioni stesse.
Di diverso avviso è stato il collegio giudicante. In particolare, la Ctr ha rilevato che il caso in esame non riguardava una semplice esposizione del credito oltremisura, bensì una vera e propria divergenza interpretativa sul contenuto dell'agevolazione concessa al contribuente. 
La lettura non univoca
I giudici hanno evidenziato che – in base a un orientamento di legittimità (da ultimo Cassazione n. 7593/99) – il recupero ai sensi dell'articolo 36-bis non si può estendere alle questioni basate su differenti interpretazioni di leggi tributarie, come nel caso in argomento. In particolare, la Cassazione, con sentenza n. 17613/10, ha ribadito che i casi fissati dall'articolo 36-bis quali limiti di intervento,devono essere interpretati in via tassativa, non essendo gli stessi suscettibili di interpretazione estensiva. Si tratta, come rileva il collegio, di un controllo cartolare e meramente formale di errori e omissioni direttamente rilevabili e rilevati dalla dichiarazione dei redditi. 
Di contro – aggiunge ancora la Commissione tributaria regionale – quando l'amministrazione debba procedere ad attività di valutazione giuridica ai fini dell'interpretazione del dato giuridico, dovrà necessariamente ricorrere ad uno specifico avviso di accertamento. Non c'è dubbio, in sostanza, che nel caso esaminato l'amministrazione avesse voluto contestare al contribuente la sua particolare interpretazione del dato normativo: attività esercitabile solo a fronte della notifica di un avviso di accertamento.
Fonte: il sole 24 ore del 27/2/2012 autore Alessandro Sacrestano

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