ELUSIONE RISCHIO PENALE AL MASSIMO

L'interpretazione fornita dai giudici di legittimità nella sentenza 7739/2012 (si veda Il Sole-24 Ore di ieri), rischia di ampliare sensibilmente il numero dei procedimenti penali ricomprendendo numerose rettifiche dell'amministrazione che, sino ad oggi, di sovente, non venivano neanche segnalate al pubblico ministero.
Per la sentenza, l'esistenza nell'ordinamento penale tributario, di una norma (l'articolo 16 del Dlgs 74/2000) che dispone la non punibilità dei contribuenti che si sono uniformati ai pareri resi, a seguito di interpello, dalle Finanze o dal Comitato antielusivo (oggi si tratta del solo parere dell'agenzia delle Entrate), comporta che la commissione di condotte elusive espressamente previste dall'articolo 37 bis del Dpr 600/73, assuma rilevanza penale. Del resto, se l'elusione fosse irrilevante dal punto di vista penale, non vi sarebbe stata necessità di una esimente per la tutela dell'affidamento. 
L'origine dell'esimente
Sin dall'emanazione del decreto 74/2000, il citato articolo 16 ha suscitato un ampio dibattito sia sulla sua utilità pratica, sia sul rischio di far ricadere nell'alveo penale le condotte elusive. La norma, infatti, non pareva avere alcuna utilità perché la non perseguibilità penale di coloro che si adeguano a pareri, risoluzioni e quant'altro emanato dall'amministrazione discende dai principi generali dell'ordinamento giuridico e non necessita di una disposizione espressa, peraltro relativa ai soli interpelli antielusivi. In tutti questi casi, infatti, salvo ipotesi particolari, manca l'elemento soggettivo, il dolo del contribuente. Diversamente, il rischio reale sarebbe la responsabilità penale, a titolo di concorso o, più facilmente per favoreggiamento, del dirigente che ha reso il parere o la soluzione della questione (poi incriminata dal giudice penale). La seconda critica atteneva il rischio, ora verificatosi, di far ricadere nella rilevanza penale le condotte antielusive. Verosimilmente per evitare una simile conclusione, la relazione illustrativa al decreto, aveva spiegato che l'articolo 16 non può essere letto come una disposizione diretta a sancire la rilevanza penalistica delle fattispecie elusive non rimesse alla preventiva valutazione dell'organo consultivo. Tale precisazione non è stata, tuttavia, ritenuta sufficiente dal giudice di legittimità per escludere la perseguibilità penale delle condotte in questione.
Il rischio penale 
Le operazioni potenzialmente elusive che possono essere oggetto di un interpello preventivo sono obiettivamente numerose (si veda la scheda sotto) ma, soprattutto, comprendono casi in cui normalmente la rettifica dell'amministrazione supera, ed anche di molto, le soglie di rilevanza penale: si pensi alle rettifiche di operazioni straordinarie, di acquisti da operatori ubicati in Paesi black list o di esterovestizioni. Il tutto è reso ancor più grave dal fatto che dal 17 settembre 2011 il reato di dichiarazione infedele scatta in presenza di un'imposta evasa superiore a 50mila euro e l'omessa dichiarazione ha una soglia di 30mila euro.
Il paradosso.
L'interpretazione della Suprema Corte deve poi far riflettere anche per la sproporzione della sanzione penale in casi, come quelli delle operazioni potenzialmente elusive, dove è stata messa addirittura in dubbio, sia da vari giudici di merito sia dalla Corte di Giustizia, la sanzionabilità amministrativa. Ne consegue che una violazione, su cui si discute circa l'applicazione della sanzione tributaria, improvvidamente diventa, addirittura, perseguibile penalmente.
Il raddoppio dei termini. 
A prescindere dall'esito del procedimento penale, resta il fatto che i termini di decadenza per l'azione di accertamento fiscale si raddoppiano. Ne consegue che nelle operazioni rientranti nella procedura di interpello ex legge 413/91, di fatto l'amministrazione potrà avvalersi di oltre 8 anni per le rettifiche.
La necessità di modifiche.
Proprio dalle conseguenze che potrebbero derivare dall'interpretazione della Suprema corte, appare ormai indifferibile l'introduzione di una normativa ad hoc che disciplini l'irrilevanza penale delle condotte 
Le fattispecie sotto tiro
Trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili 
Conferimenti in società, nonché negozi aventi a oggetto il trasferimento o il godimento di aziende
Cessioni di crediti
Cessioni di eccedenze d'imposta
Operazioni relative a fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi nonché trasferimento della residenza fiscale all'estero 
da parte di una società
Operazioni, incluse le valutazioni e le classificazioni di bilancio, aventi a oggetto i beni e i rapporti di cui all'articolo 81 del Tuir
Cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra i soggetti ammessi al regime della tassazione di gruppo
Pagamenti di interessi e canoni qualora siano effettuati a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in uno Stato Ue
Pattuizioni intercorse tra società controllate e collegate una delle quali avente sede legale in uno Stato a fiscalità privilegiata aventi ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale
Qualificazione delle spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza
Disapplicazione dell'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e soggetti aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata
Fonte: il sole 24 ore del 1/3/2012 autore Antonio Iorio

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