NIENTE COLLABORAZIONI A PARTITA IVA CONTINUATIVA PER GLI ISCRITTI AGLI ALBI

Lo prevedrebbe la riforma del mercato del lavoro, che dovrebbe essere all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di oggi.
Riconoscimento del carattere continuativo e di natura subordinata (e non autonomo e occasionale) della collaborazione a partita IVA ogni volta che essa dura complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno, comporta una postazione di lavoro presso il committente, salvo prova contraria fornita da quest’ultimo, e il collaboratore ne ricava più del 75% dei corrispettivi, anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla medesima attività imprenditoriale. Esclusi da tale norma, pensata al fine di contrastare l’abuso del ricorso a collaborazioni professionali con titolarità di partita IVA, i professionisti iscritti ad Albi.
Sarebbe questo uno dei punti della riforma del mercato del lavoro, che dovrebbe essere all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di oggi. Il Governo dovrebbe approvarla “salvo intese” – formula utilizzata quando un testo non è ancora definitivo – secondo quanto riferito nella tarda serata di ieri da fonti di Palazzo Chigi, sostenendo che non sarà necessario un nuovo CdM per l’adozione. Si tratterebbe, in buona sostanza, di un “ok” di massima, fermo restando che i principali nodi verranno sciolti la settimana prossima, anche se sarà poi il Parlamento a entrare nel merito delle questioni. La linea dell’Esecutivo, infatti, sembra essere quella di un Ddl. delega.
Insomma, il Governo sembra tirare dritto. Ieri, al termine dell’incontro con le parti sociali a Palazzo Chigi, in conferenza stampa, il Ministro del Lavoro Elsa Fornero ha confermato la determinazione del Governo sulla riforma, art. 18 della L. n. 300/70 (Statuto dei lavoratori) compreso. “Non lo aboliamo, distinguiamo le fattispecie” ha evidenziato, confermando che, nei casi di licenziamento per motivi economici, se giudicati illegittimi, ci sarà solo l’indennizzo, mentre, per i licenziamenti disciplinari, si affiderà al giudice il potere di decidere tra reintegro e indennizzo. C’è però l’impegno, come ha assicurato il Premier Mario Monti, a riformulare la norma in modo che si evitino “abusi” su presunti motivi economici e, quindi, discriminazioni.
Di fatto, comunque, l’art. 18 resterebbe nella sua forma attuale, prevedendo il reintegro del lavoratore, solo per i licenziamenti discriminatori. Ciò, però, non significa che alle imprese “stiamo dando la licenza di licenziare” – ha ammonito Fornero –. Ci dev’essere una chiara, chiarissima presa di responsabilità”, spiegando poi che ci sarà anche un intervento sugli statali, di cui si occuperà il Ministro Patroni Griffi. Diverse le reazioni dei sindacati, dalla netta presa di posizione della CGIL, che conferma il suo “no” a un provvedimento che rende solo più facili i licenziamenti, e dell’UGL, che insiste sulla possibilità di reintegro nei licenziamenti economici, a CISL e UIL, che, rispettivamente, chiedono l’annullamento del licenziamento se, nel corso del processo, emergono motivi diversi da quelli economici, e vogliono evitare che attraverso la motivazione economica si possano fare licenziamenti disciplinari o discriminatori, pur aspettando il testo definitivo per valutarne l’efficacia o meno.
In relazione al resto della riforma, l’impianto prevedrebbe una nuova disciplina delle tipologie contrattuali e la riforma degli ammortizzatori sociali.
Nuova disciplina dei contratti e riforma degli ammortizzatori sociali
La prima conterrebbe, tra le altre misure, oltre a quella relativa alle partite IVA: interventi correttivi sull’apprendistato, come la previsione di una durata minima, eliminazione del “referente” aziendale e presenza obbligatoria del tutor; incremento del costo contributivo del contratto a tempo determinato, per finanziare, anche per i lavoratori a termine, l’ASPI (Assicurazione sociale per l’impiego); possibilità di rendere fruibili le stesse agevolazioni previste per il contratto d’inserimento anche per l’assunzione a tempo indeterminato di soggetti svantaggiati; obbligo di comunicazione amministrativa, di ogni variazione di orario per i contratti di lavoro a tempo parziale, e in ogni occasione di chiamata del lavoratore per il contratto intermittente; definizione più stringente dei contratti a progetto, per i quali s’introdurrebbe anche un incremento dell’aliquota contributiva; esercizio di tirocini e stage unicamente nei percorsi curriculari previsti.
Sul fronte degli ammortizzatori sociali, si stabilirebbe la trasformazione dell’attuale indennità di disoccupazione in Assicurazione sociale per l’impiego, con graduale superamento dell’indennità di mobilità, mentre, per la Cassa integrazione, gli strumenti verrebbero modulati a seconda delle diverse situazioni, mantenendo la CIG e la CIGS per ristrutturazione e crisi aziendale, con la sola eliminazione della cessazione di attività in caso di procedura concorsuale.
Infine, sarebbero previsti un rafforzamento delle politiche attive e incentivi all’esodo di lavoratori anziani.
Fonte: Eutekne autore Michela DAMASCO

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