PERDITA TRIENNALE E SOCIETÀ DI COMODO

Perdita triennale e società di comodo: per i redditi conseguiti nel 2012 va presentato l’interpello anche per la nuova ipotesi di non operatività.

Secondo quanto previsto dalle nuove disposizioni introdotte con la manovra di ferragosto (DL n. 138/2011) i contribuenti a partire dalla dichiarazione relativa ai redditi conseguiti nel 2012, potranno presentare istanza di interpello anche in relazione alla nuova ipotesi di non operatività prevista dall’articolo 2 commi da 36-quinquies a 36-duodecies. L’Agenzia delle Entrate, in caso di presentazione dell’interpello disapplicativo, avrà tempo fino al prossimo 30.09.2013 per fornire una risposta. 

Come noto, la manovra correttiva (DL n. 138/2011 convertito con legge n. 148/2011) al fine di contrastare efficacemente l’evasione fiscale ha introdotto numerose disposizioni tra cui l’aggravamento del regime delle c.d. società di comodo (tra le altre, invece, ricordiamo la tassazione dei beni in uso ai soci). 
La nuova disciplina delle società di comodo prevede, in particolare: 
► la maggiorazione dell’aliquota IRES a carico delle società di comodo al 38% (con un aumento, quindi del 10,5%); 
► la previsione di un’ulteriore fattispecie di non operatività, secondo cui pur in mancanza dei presupposti indicati dalla legge n. 724/1994 la presunzione di non operatività esplica i propri effetti anche quando le dichiarazioni del triennio dell’impresa espongono sempre una perdita fiscale oppure per due anni una perdita fiscale, e per il rimanente periodo d’imposta un reddito inferiore a quello minimo di cui all’art. 30, comma 3 della L. n. 724/1994. 
Riguardo alla presentazione dell’istanza di disapplicazione relativamente all’ipotesi di non operatività introdotta dal DL n. 138/2011, l’IRDCEC con la circolare n. 27/IR/2012 ha sollevato alcune perplessità riguardo all’applicabilità di tale istituto alla perdita triennale. Laddove, infatti, non ricorra nessuna delle cause di esclusione o di disapplicazione automatica della disciplina riservata alle società di comodo (per esempio società in stato di liquidazione), le società in perdita sistematica, al fine di evitare l’applicazione della disciplina sulle società di comodo, possono presentare istanza di interpello disapplicativo al direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate competente. 
Ai sensi dell’art. 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. n. 600/1973, l’istanza di disapplicazione può essere presentata in presenza di “oggettive situazioni” che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito minimo ovvero non hanno consentito di effettuare operazioni rilevanti ai fini dell’IVA in misura non inferiore a quella presunta in base all’applicazione degli appositi coefficienti. Si deve trattare di situazioni indipendenti dalla volontà dei soggetti interessati e non dimostrabili attraverso le risultanze contabili. 
Pur in mancanza di indicazioni normative, appare presumibile - secondo l’IRDCEC - che le motivazioni che le società in perdita possono porre a base delle loro istanze debbano riguardare, ad esempio, la economicità del comportamento imprenditoriale, da valutare tenendo conto della complessiva situazione contrattuale e aziendale, e la presenza di situazioni particolari che potrebbero aver causato i risultati negativi. 
Sempre in tale contesto, resta, inoltre, da chiarire se, per le società con perdite triennali, gli interpelli eventualmente accolti negli scorsi anni si possano ritenere ancora validi, senza doverli ripresentare. 
Si segnala, infine, che la Corte di cassazione ha affermato, nella sentenza n. 8663 del 2011, che il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che contiene il diniego della disapplicazione è da considerare alla stregua di un provvedimento di diniego di un’agevolazione e lo stesso risulta, quindi, autonomamente impugnabile dinanzi agli organi del contenzioso tributario. Con la ulteriore e importante conseguenza che l’impugnazione del detto provvedimento direttoriale diventa indispensabile al fine di far valere la sussistenza dei presupposti per la disapplicazione, che non sarebbe possibile in sede di ricorso avverso il successivo atto di accertamento. Tale conseguenza non si dovrebbe, però, verificare per le mancate impugnazioni dei provvedimenti di rigetto emanati prima della pronuncia della Cassazione, in quanto la stessa Agenzia delle Entrate aveva affermato, nella circolare n. 7/E del 2009, la non impugnabilità di tali provvedimenti, peraltro ribadita in calce a questi ultimi.
Fonte: Redazione La Lente sul Fisco

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