IMU anche sui terreni «incolti» e «orticelli»

La disciplina sul presupposto impositivo sarebbe più rigida rispetto a quella sull’ICI
L’IMU si abbatterebbe anche sui terreni “incolti” e gli “orticelli”.
Lo si desume dalle indiscrezioni che da giorni stanno circolando in merito ad un documento dell’Agenzia esplicativo della nuova imposta sugli immobili. Rispetto alla disciplina dell’ICI, dunque, l’autorevole interprete avrebbe assunto una posizione più rigida sull’individuazione e definizione del presupposto impositivo.
Procediamo con ordine.
L’art. 13, comma 2, del DL n. 201/2011 (convertito dalla L. n. 214/2011), come modificato dall’art. 4, comma 5, lett. a), del DL n. 16/2012 (convertito dalla L. n. 44/2012), ha stabilito fra l’altro che l’IMU ha come presupposto il possesso di beni immobili, comprese quindi le unità immobiliari adibite ad abitazione principale del soggetto passivo e le pertinenze. Per inciso, il possesso è a titolo di (piena) proprietà o di altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie) e le definizioni dei beni immobili sono quelle di cui all’art. 2 del DLgs. 504/1992, cioè quelle utilizzate ai fini dell’ICI (fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli).
Secondo il documento sul quale stanno circolando indiscrezioni, il presupposto dell’IMU è costituito dal possesso di “qualunque” immobile e quindi, in questa “nuova accezione”, dovrebbero essere ricondotti anche i terreni “incolti”. In seguito, gli stessi tecnici del Fisco, al lume della novella secondo cui la base imponibile è determinata anche per i terreni agricoli “non coltivati” (lett. c) del citato comma 5 dell’art. 4 del DL n. 16/2012), hanno confermato che il valore dei terreni agricoli si ottiene moltiplicando il reddito dominicale (risultante in catasto al 1° gennaio di ogni annualità), rivalutato del 25%, per il coefficiente pari a 135 (art. 13, comma 5, del DL n. 201/2011).
Per i terreni agricoli, compresi quelli non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (IAP), invece, tale coefficiente è pari a 110. È evidente che il terreno “non coltivato” per gli operatori agricoli (persone fisiche, società) è solitamente il terreno lasciato a riposo secondo una nota tecnica agraria (set aside), mentre per gli altri soggetti è il terreno “incolto” ovvero abbandonato.
Tuttavia, l’aspetto davvero singolare risiede nella nozione del presupposto dell’IMU che, secondo il documento, costituirebbe un nuovo concetto rispetto alla disciplina dell’ICI, al punto da farvi rientrare tutti i terreni agricoli, compresi quindi quelli incolti e quelli coltivati occasionalmente senza strutture organizzative (cosiddetti “orticelli”).
In verità, il comma 2 dell’art. 1 del DLgs. 504/1992 ha stabilito che il presupposto dell’ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, ubicati nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, compresi quindi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa. La locuzione “a qualsiasi uso destinati” lasciava chiaramente intendere che nel presupposto impositivo rientravano anche i terreni incolti e gli orticelli.
Tuttavia, in sede di individuazione dei Comuni sui cui territori i terreni agricoli sono esenti dall’ICI (art. 7, comma 1, lett. h), del DLgs. 504/1992), l’allora Ministero delle Finanze con circolare n. 9/249 del 14 giugno 1993 ha ritenuto che i terreni incolti e gli orticelli restano oggettivamente esclusi dall’imposizione, non avendo le caratteristiche né dell’area fabbricabile, né del terreno agricolo secondo la definizione di cui alle lett. b) e c) del citato art. 2 del decreto ICI. Documento di prassi, quest’ultimo, il cui contenuto è stato confermato dagli stessi tecnici del Fisco, fino a quando non sarà emanato il decreto interministeriale che individuerà i Comuni montani o di collina sui cui territori si applicherà l’esenzione IMU, sulla base dell’altitudine ed eventuale anche della redditività dei terreni (art. 4, comma 5-bis, del DL 16/2012).
Si confida in un ripensamento
Confidiamo quindi in un ripensamento.
Apprezzabile e condivisibile è invece la precisazione secondo cui l’art. 23, comma 1-bis, del DL 207/2008 (convertito dalla L. 14/2009), abrogato espressamente dalla lett. d) del comma 14 dell’art. 13 del DL 201/2011, escludeva dalla tassazione ICI i fabbricati rurali abitativi e strumentali di cui all’art. 9 del vigente DL 557/1993 (convertito dalla L. 133/1994).
Peccato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo avere riconosciuto che tale comma 1-bis ha “effettivamente carattere interpretativo”, hanno poi concluso sulla decisività della classificazione catastale (A/6 per le costruzioni abitative e D/10 per le costruzioni strumentali) come elemento determinante per escludere o per affermare l’applicabilità dell’ICI sui fabbricati rurali (sentenza n. 18565 del 21 agosto 2009).
Fonte: Eutekne autore  Antonio PICCOLO

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