Autovetture in godimento ai soci deducibili secondo le regole ordinarie

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’indeducibilità non si applica per i beni a deducibilità ridotta
Con la circolare n. 24 di ieri, 15 giugno, l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti sulla disciplina dei beni concessi in godimento ai soci o familiari di cui all’art. 2 commi da 36-terdecies a 36-duodevicies del DL n. 138/2011 convertito.
L’intervento dell’Agenzia riguarda la cosiddetta disciplina sostanziale, vale a dire la tassazione del reddito figurativo in capo al soggetto utilizzatore del bene e l’indeducibilità dei costi nel caso in cui il corrispettivo percepito dalla società sia inferiore al valore normale. Ciò in funzione dell’imminente scadenza del primo acconto relativo al 2012, rispetto al quale i soggetti che adottano il metodo storico devono rideterminare la base imponibile del 2011, tenendo conto delle nuove disposizioni in esame.
Il documento di prassi non si occupa, invece, della comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai beni concessi in godimento ai soci, il cui termine per il primo invio scade il prossimo 15 ottobre.
In termini generali, la circolare conferma molte delle soluzioni a suo tempo prospettate dall’IRDCEC con la circolare n. 27/IR del 2 febbraio 2012.
Partendo dal punto di vista soggettivo, l’Agenzia precisa che restano escluse dall’ambito di applicazione della norma le società semplici concedenti in quanto soggetti che non svolgono attività d’impresa.
Con riferimento, invece, ai soggetti utilizzatori, la circolare n. 24/2012 osserva che, per ragioni di ordine sistematico, la nuova disposizione risulta applicabile anche ai soggetti non residenti che utilizzano un bene della società residente. In tale circostanza, infatti, il soggetto non residente realizza in Italia un reddito diverso, ai sensi dell’art. 23 comma 1 lett. f) del TUIR.
Per le stesse ragioni di ordine sistematico appena richiamate, rientrano nell’ambito soggettivo della nuova normativa anche i familiari dei soci, ancorché la lettera del DL n. 138/2011 faccia esclusivo riferimento ai “soci o familiari dell’imprenditore”.
Al fine poi di evitare aggiramenti della norma, secondo l’Agenzia, sono destinatari della nuova disposizione anche i soci o i loro familiari che ricevono in godimento beni da società controllate o collegate ex art. 2359 c.c. a quella partecipata dai medesimi soci. Sul punto, vale la pena di segnalare che la circolare n. 27 dell’IRDCEC aveva, invece, auspicato che dalla nozione rilevante di gruppo fossero escluse le società collegate, a differenza di quanto prospettato dall’Agenzia nella circolare di ieri.
Passando all’ambito oggettivo, di un certo rilievo risulta la precisazione in base alla quale sono esclusi dalla normativa in esame tutti i beni, diversi dai veicoli, dalle unità da diporto, dagli aeromobili, dagli immobili, di valore non superiore a 3.000 euro al netto dell’IVA.
In pratica, l’Agenzia ha considerato rilevante anche ai fini della disciplina sostanziale l’esclusione che il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2011 aveva previsto ai fini della disciplina procedurale (la comunicazione all’Anagrafe tributaria). Ciò significa, che se un bene aziendale di valore inferiore o uguale a 3.000 euro viene concesso in uso gratuito ad un socio, non si realizza alcuna conseguenza reddituale, né in capo al socio, né in capo alla società. Resta da chiarire se per valore debba intendersi il costo di acquisto del bene ovvero il valore di mercato del bene al momento della concessione in godimento.
Altro chiarimento particolarmente atteso è quello relativo all’interpretazione dell’art. 2 comma 36-quaterdecies, il quale prevede che “i costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile”.
In accordo con quanto prospettato dall’IRDCEC e superando il dato strettamente letterale, l’Agenzia ritiene necessario tenere conto della differenza tra il valore di mercato del diritto di godimento e il corrispettivo pattuito e tassato dalla società.
In pratica, se il corrispettivo pattuito per la concessione in godimento di un bene è pari a 8.000 e il valore di mercato è pari a 10.000, ferma restando la tassazione in capo all’utilizzatore di un importo pari a 2.000, i costi della società non sono indeducibili in misura piena, ma lo sono solo al 20% (10.000-8.000/10.000).
L’indeducibilità poi non opera quando, per i beni concessi in godimento, il TUIR preveda già una limitazione alla deducibilità. Caso tipico è quello dei veicoli di cui all’art. 164 del TUIR.
Fonte: Eutekne autore Alessandro COTTO

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