Regime dei Minimi precluso in caso di "mera prosecuzione" di attività

La circolare n. 17 del 30 maggio 2012 contiene importanti e numerosi chiarimenti sulla portata applicativa del “nuovo” regime dei minimi, di cui all’art. 27 del DL 98/2011, con efficacia dal 1° gennaio 2012. 
Come noto, il comma 2 del predetto art. 27 condiziona l’accesso al regime in questione alle persone fisiche che:
non abbiano esercitato nel triennio precedente l’inizio dell’attività, alcuna attività di lavoro autonomo o d’impresa, anche in forma associata o familiare;
non proseguano un’attività già precedentemente svolta (cosiddetta “mera prosecuzione”) sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, ad esclusione del caso in cui tale precedente attività consista nel periodo di pratica obbligatoria (“tirocinio” professionale);
proseguano un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, nel qual caso, tuttavia, il limite massimo di 30.000 euro di ricavi realizzati nel periodo procedente deve essere valutato in relazione all’attività svolta dal soggetto dante causa.
Focalizzando l’attenzione sul secondo requisito appena elencato, la circolare n. 17/2012 contiene sia alcune conferme a precedenti interpretazioni, sia alcuni aspetti innovativi, che devono essere tenuti in debita considerazione. Sul fronte delle conferme, il documento di prassi in commento ricorda che “l’indagine diretta ad accertare la novità dell’impresa va effettuata caso per caso con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata”, e che “si ha una mera prosecuzione della stessa attività in precedenza esercitata quando quella intrapresa presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma viene svolta in sostanziale continuità, ad esempio nello stesso luogo, nei confronti degli stessi clienti ed utilizzando gli stessi beni dell’attività precedente”.
Per quanto riguarda le novità, invece, si segnala l’interpretazione, contenuta nella circolare in commento, secondo cui non preclude l’accesso al regime dei minimi lo svolgimento in precedenza di altra attività in base ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero di lavoro a tempo determinato, in quanto rapporti caratterizzati da una marginalità economica e sociale. Tuttavia, precisa l’Agenzia, “per esigenze di certezza e di semplificazione”, la condizione in questione è verificata laddove l’attività di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente la nuova attività intrapresa.
In buona sostanza, è possibile individuare due fattispecie:
se il rapporto di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata non superiore a 18 mesi (un anno e mezzo, ossia metà del triennio), la nuova attività non costituisce mai mera prosecuzione, a prescindere dalle modalità di svolgimento della stessa, e quindi anche nell’ipotesi in cui il “minimo” utilizzi gli stessi locali, ovvero abbia come unico (o prevalente) cliente l’ex datore di lavoro o committente;
se il rapporto di co.co.co o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata superiore al predetto periodo di 18 mesi, è necessario verificare, caso per caso, che “le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee”.
In merito a tale ultima ipotesi, l’Agenzia esemplifica due casi:
il primo, con esito positivo, riferito ad un medico neurologo lavoratore dipendente che intenda avviare l’attività di musicista, nel qual caso evidentemente le due attività svolte sono diametralmente opposte e, quindi, non è mai possibile ravvisare una mera prosecuzione;
il secondo, con esito negativo, riferito ad un medico ortopedico dipendente che intenda avviare un’attività di medico libero professionista, anche in altra branca della medicina, attingendo dallo stesso bacino d’utenza in precedenza utilizzato per lo svolgimento dell’attività di lavoro dipendente (coincidenza di pazienti), sia pure per prestare loro cure differenti
Fonte: Eutekne

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