Utilizzo delle riserve per il rimborso del recesso da srl al buio

La scelta di ridurre proporzionalmente le riserve o di utilizzarle liberamente può avere effetti non solo civilistici e contabili, ma anche fiscali

Il recesso da una srl determina necessariamente effetti sul patrimonio netto della società, in termini di riduzione dello stesso, la cui reale portata genera ancora incertezze fra gli operatori.
In particolare, la prima domanda da porsi riguarda le poste del patrimonio netto della società da cui è possibile attingere al fine di rimborsare la quota al socio recedente. Ovviamente il tema riguarda l’ipotesi di recesso tipico, e cioè di recesso con rimborso della quota da parte della società, e non attiene, invece, alla fattispecie di recesso atipico, in cui la quota è ceduta ad altri soci oppure a un terzo concordemente individuato dagli stessi.
La società può attingere da qualsiasi posta del patrimonio netto in contropartita del debito oppure deve rispettare un criterio di priorità nell’utilizzo delle poste stesse? In sostanza, la scelta delle parti del netto da utilizzare è libera o esiste un ordine di “prelievo”? E il capitale sociale deve necessariamente essere intaccato, almeno per un importo pari al valore nominale della quota, o è possibile lasciarlo immutato? I pareri sul tema non sono univoci.
L’art. 2473, comma 4, terzo periodo, c.c. prevede che il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o, se le stesse non sono capienti, riducendo corrispondentemente il capitale sociale nel rispetto dei vincoli dell’art. 2482 c.c. In caso di capitale sociale insufficiente, e in assenza di capitalizzazione da parte dei soci, la società va posta in liquidazione.
Pertanto, in prima battuta, a copertura del rimborso devono ritenersi destinate le riserve e, nel caso in cui queste risultassero insufficienti, si procede alla riduzione del capitale. Tale orientamento è fatto proprio anche dal Consiglio Notarile di Firenze, Prato e Pistoia che, nella Massima del 13 luglio 2009, sembra affermare che non è necessario intaccare il capitale sociale, neanche per la quota nominale, in presenza di riserve capienti, sufficienti cioè a liquidare il socio recedente.
Di diverso avviso sembra essere l’OIC 28 che, nel par. 3, lett. c), afferma che la riduzione del capitale deve avvenire per “l’importo corrispondente alla quota posseduta dal socio. In caso di rimborso superiore al valore nominale la differenza deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili”. In una nota è anche affermato che se le riserve sono insufficienti la differenza grava sul Conto economico. La soluzione suggerita dal principio contabile prevede, comunque, la riduzione del capitale per il valore nominale della partecipazione.
Nulla è, invece, stabilito, né dal codice civile né dal principio contabile, con riguardo all’ordine di utilizzo delle riserve del patrimonio netto.
Autorevole dottrina (Assonime, circolare n. 38/2005) ritiene che la soluzione più equilibrata, dal punto di vista civilistico, sia quella della riduzione proporzionale di tutte le riserve esistenti nel patrimonio netto della società da cui si recede, nel presupposto che il recesso può assimilarsi a uno scioglimento proporzionale della società. In linea di massima, chi segue questo criterio dal punto di vista contabile adotta analoga modalità anche ai fini fiscali, in quanto il TUIR non reca alcuna previsione espressa concernente le modalità di utilizzo delle riserve disponibili da cui attingere.
Sul tema è auspicabile un chiarimento, viste le incertezze attuali
Il punto non è mai stato oggetto di un chiarimento specifico da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche se il criterio proporzionale è stato ritenuto valido in un’ipotesi di scissione societaria (risoluzione n. 58/2007). Né è chiaro se, in caso di recesso, debba applicarsi la presunzione di prioritaria distribuzione delle riserve di cui all’art. 47, comma 1, del TUIR; se così fosse, gli effetti fiscali sarebbero indipendenti dal comportamento contabile.
Va osservato che la questione non ha effetti esclusivamente contabili e civilistici; infatti, la scelta di ridurre proporzionalmente le riserve o di utilizzare liberamente le riserve esistenti può risultare non indifferente dal punto di vista fiscale in quanto, ad esempio, per un socio soggetto IRES ricevere riserve di capitale o riserve di utili non è indifferente.
Sul tema del recesso, considerate le incertezze esistenti, è auspicabile un chiarimento che dovrebbe investire, in primo luogo, gli organi competenti alla interpretazione della disciplina di bilancio. E se si affronta il tema delle differenze da recesso e dell’eventuale imputazione al Conto economico delle stesse, i dubbi aumentano; ma ne parleremo in un prossimo intervento.
Fonte: Eutekne autore Luca MIELE    

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