I finanziamenti nella nuova comunicazione beni ai soci

Il dettato normativo - Il comma 36-septiesdecies dell’art. 2 della L. 148/2011, di conversione al D.L. 138/2011, prevede che nella determinazione sintetica del reddito dei soggetti (persone fisiche) utilizzatori dei beni dell’impresa concessi in godimento, l’Agenzia terrà conto degli eventuali finanziamenti/capitalizzazioni effettuati dagli stessi nei confronti della società.
In merito, il citato comma 36-septiesdecies dispone, infatti, che: “l’Agenzia delle entrate procede a controllare sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento e ai fini della ricostruzione sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società”.
Il decreto attuativo dell’Agenzia - L’Agenzia delle Entrate, con il Provvedimento del 16 novembre 2011 ha esteso la comunicazione in esame anche ai finanziamenti/capitalizzazioni effettuati/ricevuti dai soci delle società che concedono in godimento beni d’impresa ai soci. 
La stessa Agenzia nelle “motivazioni” del Provvedimento in esame così si esprime: “tenuto conto che il comma 36-septiesdecies dell’art. 2 del d.l. n. 138 del 2011, prevede che l’Agenzia delle entrate procede al controllo sistematico della posizione delle persone fisiche che utilizzano i beni concessi in godimento e che effettuano finanziamenti o capitalizzazioni, anche ai fini della ricostruzione sintetica del reddito nei confronti dei predetti soggetti, il provvedimento prevede che la comunicazione debba essere effettuata anche per qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente”.
I dubbi - Un punto ancora poco chiaro è quello dell'inesistenza di obblighi di comunicazione a carico di società che, pur avendo ricevuto apporti o finanziamenti da parte dei soci, non hanno concesso alcun bene ai medesimi in godimento. 
Con la circolare 25/E del 19 giugno 2012, in risposta alle domande della stampa specializzata, l’Agenzia ha previsto la comunicazione anche di somme non correlate all'acquisto di detti beni (o effettuate da soci diversi dagli utilizzatori), in linea con il provvedimento menzionato, ma tale indicazione non può certo comportare l'insorgere di un obbligo comunicativo a carico di chi è completamente escluso dalla norma sui beni ai soci. 
Anche con riferimento ai beni posseduti da società che hanno tra i soci società fiduciarie, di cui non è noto il mandante, l'assegnazione a una persona fisica che non figura nell'elenco dei soci, pur essendolo nella sostanza, o il ricevimento di finanziamenti erogati dal socio-fiduciaria, impediscono alla società concedente di effettuare correttamente la comunicazione. 
L'obbligo della comunicazione, oltre all’eventuale tassazione del reddito diverso, scatterà in queste situazioni a carico del reale socio utilizzatore, cioè della persona fisica mandante, e nessuna sanzione potrà essere irrogata alla società laddove il socio stesso non adempia. 
In assenza di spontanee indicazioni del socio schermato dietro la fiduciaria, come può la società considerare indeducibili i costi, se il valore di mercato supera il corrispettivo, dato che essa ignora che il beneficiario dell'uso del bene è, anche, tramite la fiduciaria, socio della società. 
Le problematiche - Non solo, ma il provvedimento del 16 novembre 2011 ha anche previsto che, oltre ai dati dei beni in uso a soci e familiari, le società comunichino i finanziamenti o le capitalizzazioni effettuate dai soci nel 2011 o comunque "in corso" in tale esercizio. Ciò complica notevolmente la compilazione della comunicazione. 
La Circolare n.25/E/2012, punto 5.5., ha confermato che, per la prima comunicazione, dovranno conseguentemente essere trasmessi anche gli apporti effettuati in anni precedenti. 
È evidente che i dati richiesti per versamenti avvenuti molti anni fa potrebbero non essere più disponibili o difficilmente recuperabili, soprattutto in presenza di apporti senza obbligo di restituzione acquisiti al patrimonio della società (versamenti a fondo perduto, in conto capitale, ecc.), per i quali le società non mantengono evidenza contabile distinta del nominativo del socio versante. 
La società potrebbe, inoltre, avere nel proprio patrimonio somme accantonate a riserva a seguito di apporti effettuati da soci che, attualmente, non rivestono più tale qualifica, avendo ceduto la partecipazione a terzi. E’ compito del legislatore chiarire se in questi casi il versamento vada comunque comunicato. 
Apporti dei soci da individuare retroattivamente – Altro caso che potrebbe presentarsi è quello degli apporti dei soci che sono stati utilizzati, anche dopo la loro erogazione, per coprire perdite o per aumentare il capitale sociale e che dunque non figurano più nella contabilità sociale e nel bilancio. 
Se venisse richiesta l'evidenza anche di tali somme, le società dovrebbero ricercare a ritroso (evidentemente entro il termine di conservazione delle scritture contabili) detti apporti per verificare il nominativo del socio che li ha effettuati. 
Se la comunicazione retroattiva dei finanziamenti dovesse essere confermata, si dovranno prevedere esoneri dalla applicazione delle sanzioni per eventuali errori o omissioni.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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