Il termine lungo richiede la prova della denuncia

Il fisco deve fornire al giudice la prova della presentazione della denuncia di reato per usufruire del raddoppio dei termini di accertamento se il contribuente ne contesta la decadenza. A stabilirlo la sentenza 74/01/12 della Ctp Lecco. 
La vicenda riguarda una società che ha presentato un ricorso contro un avviso contestando la decadenza dall'azione accertativa per decorrenza dei termini (ex articolo 43, comma 3, del Dpr 600/73). A suo avviso, la notizia di reato connessa alle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti era stata trasmessa dalla Guardia di finanza al pubblico ministero dopo la scadenza del termine quadriennale decorrente dall'anno successivo a quello cui l'accertamento si riferiva. L'amministrazione finanziaria è costituita in giudizio sostenendo la tempestività nella notifica dell'avviso di accertamento: tale termine doveva ritenersi legittimamente raddoppiato in quanto la norma (articolo 43) faceva riferimento alla sussistenza dell'obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo poteva sorgere e dal suo adempimento. 
Dopo avere fatto una carrellata delle pronunce sulla legittimità del raddoppio dei termini, la Ctp ha accolto il ricorso della contribuente. In particolare i giudici hanno accolto questa prima eccezione sollevata dalla società ricorrente perché in giudizio non era stata fornita alcuna prova relativa in ordine alla denuncia di reato presentata. Tale circostanza, evidentemente incombente sull'ufficio resistente, ha impedito ai giudici di verificare la sussistenza dei presupposti indicati nell'articolo 43 del Dpr 600/1973 e, quindi, ha impedito di fare una valutazione sulla legittimità del ricorso al raddoppio dei termini di accertamento.
A tal proposito, ultimamente le commissioni tributarie si stanno manifestando particolarmente sensibili proprio sui problemi legati alla legittimazione del l'uso del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reato. Così è stato ritenuto che il raddoppio dei termini di decadenza dell'accertamento non opera se il reato tributario, all'atto della denuncia in procura, era già prescritto o se l'ufficio non ha prodotto la notizia di reato in giudizio, per consentire un'idonea valutazione al giudice. È quanto emerge, per esempio, dalle sentenze della Ctp di Vicenza (824/1/12 depositata il 14 marzo 2012) e della Ctp di Reggio Emilia (135/1/12 depositata il 26 marzo 2012) che richiamano un orientamento dei giudici di merito citato nella sentenza 74/01/12 della Ctp Lecco. 
Del resto, per evitare un utilizzo strumentale nella comunicazione della notizia di reato alla procura al solo fine di riaprire periodi di imposta ormai non più controllabili, l'ordinanza 247/2011 della Consulta ha precisato che il giudice tributario può controllare – se richiesto con i motivi di impugnazione – la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia, in modo da valutare se l'amministrazione ha agito con imparzialità o meno. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Francesco Falcone

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