Le rate non fermano il sequestro preventivo

In caso di accertamento, l'accordo con l'erario per il versamento a rate dell'Iva dovuta non mette al riparo dall'applicazione di misure di prevenzione in campo penale tributario. Nello specifico, la contestazione del mancato versamento dell'Iva dovuta (ex articolo 10 ter Dlgs 74/2000) comporta la possibilità di sequestro preventivo (finalizzato alla confisca per equivalente) anche in presenza di un accordo col Fisco per un versamento rateale (ex articolo 3bis del Dlgs 462/97).
A stabilirlo è la sentenza n. 35587, depositata ieri dalla terza sezione penale della Corte di cassazione, che meglio definisce il recentissimo filone di pronunciamenti in materia di misure di prevenzione in ambito penale tributario (si vedano il Sole 24 ore di ieri e del 29 agosto 2012).
La vicenda è quella del legale rappresentate di una società di capitali che, per un omesso versamento Iva del 2009 (sopra la soglia di rilevanza penale) è stato destinatario di un provvedimento cautelare; tutto ciò nonostante fosse stato richiesto, autorizzato e parzialmente attuato un piano di rateizzazione di quanto accertato.
A nulla sono valse le contestazioni del contribuente che eccepiva l'intervento di una causa di forza maggiore nella realizzazione della condotta omissiva (ovvero una provvisoria difficoltà finanziaria della società) e, soprattutto, l'intervenuto piano di rateizzazione, con tanto di fidejussione bancaria a garanzia, dopo la contestazione dell'addebito sul piano amministrativo.
La questione non è di poco conto e presenta certamente i caratteri della novità e dell'interesse generale, in particolare quando il ricorrente afferma che «la mancata rilevanza attribuita al rilascio della fidejussione determinerebbe l'adozione della confisca pur in concomitanza con il pagamento rateale del debito tributario, dando così luogo ad una illegittima duplicazione sanzionatoria».
In questo caso, l'eccezione è stata concretamente presa in considerazione dai giudici che, però, si sarebbero mostrati disponibili solo ad accogliere un'eventuale richiesta di revoca parziale, per un valore corrispondente al versato (coerentemente con le sentenze 45054/2011 e 10120/2010) «dovendosi escludere la possibilità di confisca per il valore restituito».
Per il resto, il Supremo collegio ha cassato tutte le pretese del ricorrente, stabilendo che le ragioni del sequestro possono venire meno solo col completamento del pagamento rateale concordato (ovvero, col pieno adempimento dell'obbligazione tributaria, che solo allora si realizza).
Sino a quel momento «il sequestro rimane legittimo, fermo restando la possibilità ottenere riduzioni in ragione degli importi versati».
Cassata anche l'assimilazione, richiesta dal contribuente, tra le ragioni della fidejussione e quelle del sequestro conservativo. In tal senso, vengono riprese e ampliate le motivazioni della sentenza 36095/2009: «il sequestro preventivo - è il ragionamento del Collegio - intende anticipare il provvedimento di confisca, per evitare che la res considerata pericolosa, lasciata nella disponibilità del contribuente, possa costituire per lui un incentivo a commettere un ulteriore attività criminosa».
Fonte: Il sole 24 ore

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