Per i beni ai soci, approccio soft sulla data certa

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 36 di ieri, ha precisato che gli elementi dell’accordo possono essere dimostrati anche diversamente
A distanza di una settimana esatta dalla firma del provvedimento di proroga del primo invio della comunicazione all’Anagrafe tributaria, è arrivata la seconda circolare (n. 36/2012) dell’Agenzia delle Entrate sulla disciplina sostanziale dei beni in godimento ai soci, a ulteriore chiarimento di quanto rilevato nella precedente circolare n. 24 del 15 giugno 2012.
La prima impressione che si ricava dalla lettura del documento di prassi è che si tratti di un nuovo tentativo di “aggiustare” un provvedimento (DL n. 138/2012, convertito nella L. 148/2012) tecnicamente inadeguato, frutto di un’attività normativa alquanto frettolosa. Quindi, al di là degli sforzi ermeneutici dell’Agenzia, tanto la proroga dei termini di comunicazione quanto questa seconda circolare dovrebbero essere l’indicatore della necessità di un intervento correttivo da effettuarsi con una legge dello Stato.
Ciò premesso, veniamo ai chiarimenti.
Un primo aspetto che aveva generato non poco dibattito anche sulle pagine di questo quotidiano è quello della data certa. L’Agenzia delle Entrate, infatti, con la circolare n. 24/2012, aveva affermato che il corrispettivo annuo e le altre condizioni contrattuali devono risultare “da apposita certificazione scritta di data certa, antecedente alla data di inizio dell’utilizzazione del bene”. Tale precisazione risultava problematica, sia con riferimento agli strumenti idonei a provare la data certa, sia con riferimento a quei rapporti antecedenti l’intervento di prassi (è bene ricordare che il requisito in questione non risulta richiesto dalla norma).
Con la circolare n. 36 di ieri, 24 settembre, l’Agenzia delle Entrate, nel rilevare che la predisposizione di adeguata documentazione di data certa “appare utile nell’interesse precipuo delle parti, in quanto idonea ad evidenziare la mancanza di volontà di porre in essere arbitraggi fiscali”, afferma che il contribuente può comunque diversamente dimostrare quali siano gli elementi essenziali dell’accordo.
Altro tema affrontato dalla circolare in commento è quello dei beni aziendali dati in godimento ai soci di società trasparenti. Al riguardo, la circ. n. 24/2012 aveva affermato che il maggior reddito della società derivante dall’indeducibilità dei costi deve essere imputato esclusivamente ai soci utilizzatori (anche nell’ipotesi di utilizzo da parte dei familiari di questi ultimi).
Tale soluzione interpretativa, peraltro già adottata con riferimento alla thin capitalization dalla circ. 17 marzo 2005 n. 11 dell’Agenzia delle Entrate, determina un problema di doppia imposizione, in quanto il socio utilizzatore viene inciso con l’assoggettamento a tassazione:
- della differenza tra valore di mercato e corrispettivo pattuito come reddito diverso;
- del maggior reddito di partecipazione conseguente all’indeducibilità dei costi.
Analogo ragionamento vale per l’imprenditore individuale.
Facendo propria una soluzione già prospettata dalla dottrina, la circolare n. 36/2012 precisa che si configura un reddito diverso, ai sensi della nuova lett. h-ter dell’art. 67 comma 1 del TUIR, solo quando la differenza tra il valore normale e il corrispettivo pagato è superiore alla quota parte del reddito attribuito al socio per trasparenza, corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione.
Soluzione per certi aspetti condivisibile, ma non desumibile dal tenore letterale della norma.
Ultimo tema affrontato dalla circolare è quello delle autovetture. Come si ricorderà, la circolare n. 24/2012 ha affermato che la nuova ipotesi reddituale non trova applicazione quando il soggetto utilizzatore è anche un dipendente della società ovvero un lavoratore autonomo. In questi casi, secondo l’Agenzia, l’utilizzatore è assoggettato alla disciplina di tassazione prevista dagli artt. 51 e dell’art. 54 del TUIR, relativi rispettivamente al reddito di lavoro dipendente e al reddito di lavoro autonomo.
Con la circolare n. 36/2012 l’Agenzia, fermo restando quanto già chiarito con il precedente documento di prassi, precisa che il criterio del valore normale deve essere determinato ai sensi dell’art. 51, comma 4 del TUIR in tutti i casi in cui oggetto di godimento sia un veicolo.
In altri termini, anche per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti, occorre fare riferimento ai costi ACI da parametrare al 30% della percorrenza convenzionale annua di 15.000 km, al netto delle somme trattenute o corrisposte.
Si tratta di una conclusione tutt’altro che scontata, posto che, fino ad oggi, era principio generalmente condiviso che il regime di favore previsto dall’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR fosse applicabile solo ai titolari di reddito di lavoro dipendente o assimilato.
L’Agenzia estende, “per esigenze di semplificazione”, il summenzionato criterio anche ad altre categorie reddituali, inducendo a ritenere ormai superato il riferimento alle tariffe praticate dalle società di noleggio, quale criterio per l’individuazione del valore normale.
Fonte: Wutekne autore Alessandro COTTO    

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