Ravvedimento operoso per l’omessa regolarizzazione del cessionario

Le sanzioni del 100% vanno ridotte a un ottavo, con un minimo di 32 euro
Il cessionario che riveste la qualità di soggetto passivo IVA ha l’obbligo di regolarizzare l’omessa o irregolare fatturazione del cedente entro determinati termini, pena l’irrogazione di una sanzione pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 258 euro.
Detto obbligo sorge, in caso di omessa fatturazione, decorsi quattro mesi senza che il cedente, seppure tardivamente, abbia provveduto a fatturare, e, in caso di irregolare fatturazione, dal momento della registrazione. La regolarizzazione deve avvenire entro il termine perentorio di 30 giorni (decorrenti dallo spirare dei quattro mesi per l’omessa fatturazione o dalla registrazione dell’operazione per la fattura irregolare), in quanto se detto termine non viene rispettato la violazione comunque si è perfezionata.
Dal lato procedimentale, entro il termine descritto, il cessionario deve provvedere ad emettere un’autofattura in duplice copia (contenente, tra l’altro, il numero di partita IVA del cedente e l’indicazione che essa è formata ai sensi dell’art. 6, comma 8, del DLgs. 471/97), versare l’IVA che il cedente avrebbe dovuto addebitare in rivalsa e trasmettere il tutto all’Agenzia delle Entrate del proprio domicilio fiscale.
A questo punto, l’Agenzia deve consegnare al cessionario l’autofattura e l’attestato di pagamento, in modo che egli possa provvedere all’annotazione della stessa nel registro IVA degli acquisti per esercitare il diritto di detrazione.
La specifica sanzione prevista a carico del cessionario ha natura giuridica autonoma, per cui la violazione si perfeziona benché il cedente abbia sanato la propria posizione oltre i quattro mesi, magari tramite ravvedimento operoso. Del pari, l’avvenuta constatazione della violazione in capo al cedente non inibisce l’effettuazione del ravvedimento operoso in capo al cessionario.
Nonostante questo, non si può mai verificare la duplicazione d’imposta, per cui l’imposta versata dal cessionario non potrà essere nuovamente richiesta al cedente, ferma restando la responsabilità sanzionatoria di quest’ultimo ai sensi del primo comma dell’art. 6 del DLgs. 471/97.
Non sempre è necessario versare l’imposta
Detto ciò, dovrebbe essere sostenibile che nemmeno il cessionario debba provvedere al versamento dell’imposta (ma solo della sanzione) se, oltre il termine indicato sopra, il cedente abbia comunque emesso la fattura con IVA in rivalsa.
Il ravvedimento operoso può essere utilizzato dal cessionario per sanare l’omessa regolarizzazione, entro il termine per l’invio della dichiarazione dell’anno in cui è stata commessa la violazione, sempre che non siano iniziati controlli fiscali.
Occorre, in tal caso, emettere l’autofattura, versare imposta, sanzioni ridotte e interessi legali. Bisogna specificare che la sanzione deve essere ridotta a un ottavo di 100, con un minimo di 32 euro (un ottavo di 258).
Poi, il cessionario dovrà porre in essere gli adempimenti richiesti dall’ottavo comma, quindi consegnare l’autofattura in duplice copia alla Direzione provinciale, attendere la ricevuta di regolarità per poi esercitare la detrazione.
Se si trattasse di operazioni esenti/non imponibili, secondo alcuni sarebbe sempre sufficiente la sola emissione dell’autofattura con indicazione del corrispettivo esatto, in quanto non potrebbe mai essere irrogata la sanzione. Difetterebbe, invero, la base di computo della stessa, prevista dal comma ottavo nel 100% dell’imposta, dato che nelle operazioni esenti o non imponibili manca detto elemento.
Fonte: Eutekne autori Alfio CISSELLO e Marco PEIROLO 

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