Sul raddoppio dei termini i paletti della giurisprudenza

Oltre ai profili interpretativi ed alla distinzione fra termini lunghi e termini brevi contenuti nella sentenza n.247 del 2011 della Consulta anche le commissioni di merito precisano come il c.d. raddoppio non sia affatto "automatico".
Come è ormai noto i termini lunghi o raddoppiati sono stati introdotti nel nostro ordinamento dall`art.37, commi 24 e 25, del D.L. 223/2006; successivamente la Corte Costituzionale, chiamata a decidere in merito alla legittimità costituzionale di tale norma, con la sentenza n. 247 del 25/07/2011 ha delineato i profili interpretativi della stessa, distinguendo fra i cd. "termini brevi" ed i cd. "termini raddoppiati".
Secondo tale impostazione si applicano i termini brevi ogniqualvolta non si ponga a carico dell`Ufficio l`obbligo di denuncia penale per il configurarsi di uno dei reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000. In caso contrario troveranno invece applicazione i termini lunghi o raddoppiati di cui all`art. 57 del D.P.R. 633/1972, per l`Iva, ed all`art. 43 del D.P.R. 600/1973, per le imposte sui redditi.
Presupposto fondamentale per cui l`Ufficio possa beneficiare del raddoppio dei termini è costituito dall`aver inoltrato la denuncia penale prima dello spirare del termine breve previsto per l`accertamento delle singole imposte. Come può leggersi anche in un passaggio della citata sentenza n. 247 del 25/07/2011 infatti «è opportuno sottolineare che l`introduzione legislativa di un più ampio termine di decadenza è evenienza frequente nel diritto tributario ed è pacifico che una siffatta nuova normativa, in difetto di diversa espressa statuizione di legge, si applichi solo ove il precedente e più ristretto termine non sia già decorso e, quindi, il rapporto non si sia esaurito».
La Corte Costituzionale sancisce peraltro il dovere del giudice tributario di valutare, in via autonoma o dietro esplicita richiesta del contribuente, la presenza della denuncia penale e dell`obbligo della stessa, potendo disconoscere, in loro difetto, l`applicabilità alla fattispecie del termine raddoppiato.
Da tale impostazione discendono così le prese di posizione della giurisprudenza di merito, la quale annovera fra i requisiti imprescindibili per poter usufruire del temine lungo anche che l`Ufficio fornisca la prova dell`avvenuta denuncia di reato inoltrata alla competente Procura. In difetto di tali requisiti si incorre nel disconoscimento dei termini raddoppiati, con conseguente rischio di nullità dell`accertamento emesso per intervenuta decadenza temporale.
A tale fine alcuni giudici di merito richiedono all`Ufficio di allegare copia della denuncia penale presentata alla Procura ai fini del legittimo ricorso al termine lungo (C.T.P. di Milano, sent. n. 372/2011); altri che non ritengono esaustiva la mera enunciazione nell`ambito dell`avviso di accertamento dell`inoltro della notizia di reato (C.T.P. Milano, sent. n. 231/2011); altri ancora che sostengono che la denuncia di reato debba essere accompagnata da adeguate prove (C.T.P. Reggio Emilia, sent. n.74/02/12 del 30/09/2012; C.T.R. Lazio, sent. n.50/2012; C.T.P. Lecco, sent. n. 74/01/2012 del 12/03/2012).
Ratio Mattina a cura di Andrea Bongi

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