Assegnazione di beni immobili non sempre imponibile

Ai fini delle imposte sui redditi, può costituire la ripartizione di riserve di capitale
Con riferimento all’assegnazione di beni immobili ad un socio non imprenditore ai fini delle imposte sui redditi, lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 103/T del 15 giugno 2012 ha sviluppato alcune interessanti considerazioni.
In primo luogo, è stato precisato che i profili impositivi dipendono dal tipo di società coinvolta:
- in caso di partecipazione in una società di capitali, vige il disposto dell’art. 44 del TUIR e sarà dunque possibile qualificare il reddito in capo al socio assegnatario come un reddito di capitale il cui pagamento verrà assolto secondo il principio di cassa ovvero al momento in cui sarà percepito;
- riguardo ad una partecipazione in una società di persone, invece, gli utili percepiti in natura dai soci assegnatari non rientrano tra i redditi di capitale, ma tra i redditi di impresa. In tal caso gli utili, benché liquidati in natura attraverso l’assegnazione di un immobile, sono assoggettati a tassazione in base al principio di trasparenza e imponibili in base al principio di competenza, quindi a prescindere dal momento della loro percezione.
Il Consiglio Nazionale del Notariato osserva che la società può procedere alla distribuzione di utili in natura attingendo sia dagli utili di esercizio che dalle riserve di utili. In entrambi i casi, si realizzerà un reddito tassabile in capo al socio persona fisica non imprenditore.
Il Legislatore, nell’art. 47 comma 3 del TUIR, ha previsto che il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale dei beni nel momento in cui vengono assegnati. In merito, si deve fare riferimento alla data di stipula dell’atto di trasferimento o, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.
Tuttavia, è anche possibile che avvenga un’assegnazione a seguito di ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale. In tal caso, si applica il disposto dell’art. 47 comma 5 del TUIR, ossia l’assegnazione di beni in natura avviene mediante la corrispondente utilizzazione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale che, per tale motivo, hanno natura patrimoniale e non reddituale. Si tratta delle seguenti riserve:
- sovrapprezzi di emissione di azioni o quote;
- interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote;
- versamenti eseguiti dai soci a fondo perduto o in conto capitale;
- saldi di rivalutazione monetaria, ma solo se esenti da imposta.
Ad ogni modo, prima di procedere a tale distribuzione, occorre verificare che non vi siano riserve utili, altrimenti si rischia di incorrere nella presunzione di prioritaria distribuzione di utili prevista dal comma 1 dell’art. 47 del TUIR.
Si distingue tra assegnazione e recesso
In particolare, poi, lo studio del Notariato concentra la sua attenzione sulla differenza tra delibera di distribuzione di utili in natura e operazione sugli utili in sede di assegnazione da recesso “tipico” che prevede il rimborso e l’annullamento della partecipazione del socio receduto. La materia è disciplinata dall’art. 47 comma 7 del TUIR, che risulta applicabile anche alle società di persone e alle società di capitali.
Ne consegue che, a prescindere quindi dal tipo di società da cui si recede, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituiscono utile da tassare in capo al socio solo per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle quote annullate; l’art. 47, comma 5, invece, esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte della società di quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile.
In capo al socio recedente viene dunque tassata solo la differenza da recesso. In tal caso, l’assegnazione di un bene in natura in capo al socio risulterà imponibile solo con riferimento alla componente di quota liquidata corrispondente al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale rispetto ai valori contabili del patrimonio di pertinenza del socio. Tale valore costituisce la cosiddetta “differenza da recesso” che rappresenta per il socio recedente un incremento patrimoniale e, quindi, un reddito da tassare.
Ipotizzando una società Beta:
- in caso di delibera che attribuisce al socio Mario Rossi un utile pari a 10.000 euro mediante l’assegnazione un bene di pari valore, tale ammontare sarà integralmente soggetto a tassazione;
- in caso di dichiarazione di recesso da parte di Mario Rossi, il quale ha diritto ad una quota di liquidazione pari a 10.000 euro di cui 5.000 euro corrispondenti alla differenza da recesso, l’imposta dovrà essere corrisposta solo con riferimento a tale ammontare (5.000).
Fonte: Eutekne Autore Salvatore SANNA

Commenti