Chiusura dei locali commerciali senza difesa per i contribuenti

La sanzione accessoria scaturente da violazioni sul rilascio degli scontrini fiscali ha forti profili di incostituzionalità
L’art. 12, comma 2 del DLgs. 471/1997 prevede che, se vengono constatate quattro distinte violazioni dell’obbligo di rilascio dello scontrino fiscale nel corso di un quinquennio, la DRE può disporre la sospensione dell’esercizio dell’attività per un periodo che va da tre giorni ad un mese.
Non vi sono limiti quantitativi sulla violazione principale, per cui bastano diverse violazioni che, nel complesso, magari portano alla mancata certificazione di corrispettivi per pochi euro.
Si ritiene che detta norma, dal punto di vista del diritto di difesa, sia chiaramente incostituzionale per i motivi seguenti.
In base alla riforma apportata dal DL 262/2006, il provvedimento è immediatamente esecutivo, nonostante sia chiaramente impugnabile.
La domanda viene spontanea: a che serve il ricorso in Commissione tributaria se il provvedimento è subito esecutivo?
Ricapitoliamo i termini della fattispecie.
La Guardia di Finanza constata quattro violazioni in giorni diversi circa l’omesso rilascio dello scontrino fiscale e, per semplificare le cose, supponiamo che il contribuente non impugni le consequenziali sanzioni irrogate dall’Agenzia delle Entrate.
All’atto della constatazione della quarta violazione, propone, unitamente alla sanzione del 100% del corrispettivo non documentato, la sanzione accessoria di chiusura dei locali commerciali.
La DRE, accogliendo ciò, dispone la chiusura: a rigore, il giorno dopo l’emissione del provvedimento i funzionari possono apporre i sigilli all’attività commerciale.
Certo, magari dopo che sono spirati i tre giorni di chiusura (periodo minimo) il contribuente può fare ricorso, ma, per quanto il difensore e la Commissione tributaria nel concedere la sospensiva possano essere celeri, vi è il concreto rischio che la sanzione accessoria sia già irrogata e applicata per il periodo disposto dalla DRE.
Non è come nel caso delle sanzioni ove, ai sensi dell’art. 19 del DLgs. 472/97, la riscossione è sospesa per effetto del ricorso. Anche se così non fosse, l’accoglimento ad opera del giudice comporterebbe la necessità di restituire le somme, quindi il diritto di difesa, bene o male, è garantito. Invece, nella nostra fattispecie, pare proprio di no.
Urge la “tutela preventiva” in Commissione tributaria
Il contribuente, per “bloccare” la sanzione accessoria, dovrebbe chiedere allora la sospensiva in seno al ricorso contro la terza violazione sul rilascio dello scontrino fiscale (sarebbe inutile farlo in occasione della quarta, siccome subito potrebbe essere disposta la chiusura), fondando il periculum in mora su tale fatto.
Forse un po’ “bizzarra” come tesi.
Tanto premesso, non è nemmeno possibile, sempre ragionando in astratto, sollevare la questione di legittimità costituzionale. Se la DRE dispone subito la chiusura dei locali, a questo punto il ricorso (sede all’interno della quale può essere rimessa la questione alla Consulta) potrebbe essere inammissibile per carenza di interesse, visto che il giudice tributario, secondo costante giurisprudenza di Cassazione, non ha giurisdizione sui risarcimenti da danno aquiliano.
L’unica via sarebbe quella di invocare la tutela risarcitoria dinanzi al giudice ordinario facendo valere profili di illegittimità della sanzione accessoria (ad esempio, il mancato rispetto del termine di sei mesi per la notifica dell’atto, o la mancanza dei presupposti per la sua applicazione), ma possono sussistere dubbi sulla rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per una norma che è collegata in maniera solo indiretta all’azione risarcitoria.
La tutela, quindi, è lasciata alla “grazia” della DRE, la quale, al fine di garantire la tenuta costituzionale del sistema, dovrebbe evitare di disporre la sospensione, specie qualora i precedenti atti di irrogazione delle sanzioni principali siano sub judice.
Fonte: Eutekne autore Alfio CISSELLO

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