Beni ai soci: semplificare ora si può

Fonte: il sole 24 ore del 12/3/2013 autore Raffaele Rizzardi
L'annunciato differimento del termine per l'invio della comunicazione dei beni concessi in uso a soci e familiari deve essere l'occasione per raggiungere al più presto alcune indispensabili certezze.
Ricordiamo anzitutto la struttura della norma di origine, l'articolo 2 del Dl 138/2011, che – a parte la disposizione transitoria - deve essere scomposto nelle tre distinte componenti: reddito del beneficiario (differenza tra valore di mercato del diritto di godimento e corrispettivo pagato); indeducibilità dei costi per l'impresa; comunicazione all'agenzia delle Entrate – «nelle ipotesi del comma 36-quaterdecies», cioè solo se si configura indeducibilità.
Qui troviamo già una prima informazione rilevante e poco valorizzata: se non ci fossero costi indeducibili ai sensi di questa norma, la comunicazione non va fatta, anche nell'ipotesi di un reddito diverso a carico del socio. L'interpretazione della norma non si presta a una diversa conclusione. I problemi riguardano due casi assai frequenti: auto e fabbricati. Iniziamo con le auto. La circolare 24/E dello scorso anno è esplicita: considerando che la deducibilità delle auto è limitata per legge al 40% (20% da quest'anno), l'utilizzo di questo bene è estraneo alla disciplina di indeducibilità del Dl 138. Questo enunciato trova perfetto riscontro nel secondo esempio della successiva circolare 36/E, ove il conteggio si ferma alla indeducibilità del 60% (da imputare a entrambi i soci, anche se l'utilizzo privato fosse di uno solo), senza aggiungere quella del 40% per azzerare i costi del veicolo. Rimarrebbe comunque (ma a questo punto fuori dalla comunicazione) l'adempimento spontaneo del socio o familiare, nella compilazione del quadro RL della propria dichiarazione dei redditi, per la cui valorizzazione la seconda circolare suggerisce l'utilizzo del criterio del fringe benefit, cioè i 4.500 km a tariffa Aci. Con la conseguenza che nulla debba fare il beneficiario, se la società gli fa pagare una fattura così calcolata, ricordando che la tariffa è già Iva inclusa. E comunque ancora nulla, per evitare la doppia tassazione, se l'indeducibilità del 60% in un'impresa individuale o società di persone supera questo importo.
Anche per gli immobili abitativi le rettifiche sono verosimilmente quelle per la determinazione del reddito minimo delle società di comodo, in cui incappa sicuramente quella che dà l'immobile con ricavo zero in base a un contratto di comodato, ma non riguardano l'indeducibilità dei costi, che hanno già tale caratteristica in base all'articolo 90, comma 2 del Tuir. Anche qui, niente indeducibilità da nuova norma uguale nessuna comunicazione. Più semplice è la posizione del socio utilizzatore dell'immobile: le istruzioni sin qui note gli impongono di dichiarare un reddito diverso pari al canone medio di un affitto nella zona, che può essere riscontrato – per esempio – con i dati dell'Omi (l'Osservatorio delle Entrate).
Ma se la norma non cambia (nel qual caso bisogna comunque rispettare i 60 giorni dello statuto del contribuente) cosa resta da segnalare? Ben poco, se non per i finanziamenti che non sono nemmeno previsti dalla disposizione in esame. Trattandosi di un dato che l'Agenzia ha evidente interesse a conoscere, è molto più semplice prevedere un prospetto nel modello Unico.

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