Bilanci. La gratuità del prestito va dimostrata

Per i finanziamenti dei soci presunti gli interessi legali 
Fonte: Il sole 24 ore 7/3/2013 autore Luca Gaiani
Finanziamenti dei soci sempre all'ordine del giorno nelle società a ristretta base. La crescente necessità di richiedere apporti ai soci, a seguito della crisi economica, rende opportuno un riepilogo aggiornato delle regole fiscali da applicare in presenza di finanziamenti fruttiferi e infruttiferi. 
L'articolo 45, comma 2, del testo unico stabilisce una presunzione (che si affianca a quella dell'articolo 1815 del Codice civile) di percezione di interessi sulle somme date a mutuo, per un importo calcolato al tasso legale di cui all'articolo 1284 del Codice civile. Presunzione che può essere vinta, stabilendo una differente misura, ed eventualmente l'infruttuosità (in deroga anche alla norma civilistica), mediante un atto scritto tra socio e società, il quale dovrà avere data certa per essere opponibile al fisco. Riassumendo, per rispondere al quesito posto dal lettore Graziano Grazzini di Lucca, in assenza di diversa pattuizione scritta, sui finanziamenti dei soci si considerano percepiti interessi al tasso legale. Se il contratto di finanziamento nulla prevede con riguardo alla liquidazione degli interessi, il pagamento si considera effettuato al termine di ogni anno. Le società eroganti devono applicare la ritenuta del 20% prevista dall'articolo 26, comma 5, del Dpr 600/73, da versare nel modello F24 con il codice tributo 1030. Si tratta, è bene ricordarlo, di una ritenuta d'acconto che obbliga dunque il socio percettore (anche se la percezione è, come detto, solo presunta) a dichiarare il reddito di capitale nel modello Unico, facendolo concorrere alla formazione dell'imponibile Irpef complessivo soggetto ad aliquota progressiva. Se il socio finanziatore è una società, vale la medesima presunzione sopra indicata circa la misura degli interessi (articolo 89, comma 5, Tuir), ma non va applicata la ritenuta, trattandosi di reddito di impresa. 
Gli interessi sostenuti sui finanziamenti dei soci sono ordinariamente deducibili dal reddito delle società debitrici. Se la società mutuataria è un soggetto Ires (Srl o Spa), gli interessi in esame si deducono, unitamente a tutti gli altri oneri finanziari, secondo le regole dell'articolo 96 del testo unico (tetto pari al 30% del cosiddetto Rol). 
Il contratto di finanziamento soci, se redatto per scrittura privata, va registrato in termine fisso (20 giorni), applicando l'imposta del 3% (articolo 9, tariffa, Dpr 131/86). Nel caso di contratto redatto per scambio di corrispondenza, l'imposta del 3% è dovuta solo in caso d'uso. Se il socio mutante è una società, e sono previsti interessi, il contratto rientra in ambito Iva (seppure in regime di esenzione ex articolo 10, Dpr 633/72) ed esso, comunque formalizzato, sconta l'imposta solo in caso d'uso e in misura fissa (articolo 5, comma 2l Dpr 131/86). Come detto, il socio mutuante e la società mutuataria possono peraltro stabilire, purché ciò risulti dal contratto scritto, la infruttuosità del prestito (cosiddetti finanziamenti a tasso "zero") e tale pattuizione assume piena valenza fiscale. Sia il finanziamento fruttifero che quello infruttifero si iscrivono nei debiti dello stato patrimoniale, trattandosi di somme per le quali vige un obbligo di restituzione a carico della società. Se il socio è una società titolare di reddito di impresa, la pattuizione di infruttuosità del prestito deve essere opportunamente motivata (soprattutto se la società erogante è a sua volta indebitata e sostiene oneri finanziari) onde evitare contestazioni di antieconomicità. Si tratterà della finalità di sostenere economicamente la partecipata, consentendole di sviluppare al meglio la propria attività, con ciò valorizzando la partecipazione posseduta.

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