Conferimento e successiva cessione della partecipazione

Non equiparabile alla cessione d’azienda
La sentenza 1/1/13 della Ctp Milano ha affrontato una questione oggetto di numerose controversie, in virtù del consolidato orientamento dell’Amministrazione Finanziaria, spesso avallato dalla giurisprudenza, di riqualificare il conferimento di azienda e della successiva cessione della partecipazione in un unico atto di cessione di azienda. 
I vantaggi ottenibili - I vantaggi fiscali che potrebbero essere conseguiti cedendo l’azienda secondo lo schema operativo “conferimento d'azienda - cessione della partecipazione ricevuta in cambio”, anziché secondo la diretta cessione della stessa, attengono sia ai profili dell'imposizione diretta che ai profili dell'imposizione indiretta. 
Le imposte dirette - Per quanto riguarda l’imposizione diretta, cessione e conferimento presentano profili fiscali diametralmente opposti. Nello specifico, il vantaggio fiscale è riconducibile alla possibilità di “trasformare” la plusvalenza da cessione d'azienda tassata integralmente in una plusvalenza da cessione di partecipazioni sfruttando il regime PEX di cui all’art. 87 del D.P.R. 917/1986, ove possibile.
Le imposte indirette - Per quanto riguarda la tassazione indiretta, il vantaggio fiscale è riconducibile alla possibilità di “trasformare” le imposte d'atto (ossia l'imposta di registro, le imposte ipotecaria e catastale) da proporzionali a fisse. 
Il vantaggio fiscale che si consegue ai fini delle imposte indirette è messo sistematicamente in discussione dall’Amministrazione Finanziaria. Il presupposto su cui fonda l’operato l’Amministrazione Finanziaria è l’art. 20 del D.P.R. 131/1986, che ai fini impositivi, permette di attribuire rilievo all'effettiva volontà negoziale delle parti (cessione d’azienda) e non alla forma apparente dell'atto (conferimento e successiva cessione delle partecipazioni). 
La sentenza 1/1/13 della Ctp Milano - La sentenza 1/1/13 della Ctp Milano ha affermato, contrastando l’operato dell’Amministrazione Finanziaria, l’illegittimità della riqualificazione di un conferimento di azienda e della successiva cessione della partecipazione in un unico atto di cessione di azienda. 
Tale interpretazione si fonda sull’analisi degli effetti economici ben diversi delle citate operazioni, dunque l’individuazione di valide ragioni economiche nel porre in essere un’operazione in luogo di un’altra. Ciò giustificherebbe la possibilità dell’imprenditore di optare per il modello negoziale che più si adatta al raggiungimento dei propri obiettivi. In sostanza, si delegittima l’operato dell’Amministrazione Finanziaria finalizzato a riqualificare l'atto che le parti avevano voluto stipulare in presenza di valide ragioni economiche individuate. 
Considerazioni – Le conclusioni della Ctp Milano rafforza il filone della giurisprudenza che si sta sempre più consolidando secondo cui “ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il criterio fissato dall’art. 20 del DPR n. 131/1986, dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti comporta che, nell’imposizione di un negozio, deve attribuirsi rilievo preminente alla sua causa reale ed alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali” (Vedi Cassazione sentenza n. 13580/2007).
Fonte: Fiscal Focus autore Gioacchino De Pasquale

Commenti