In UNICO 2013 la gestione «fiscale» degli immobili di impresa

La gestione della fiscalità degli immobili d’impresa nel modello UNICO 2013 presenta alcuni elementi innovativi, specie se si considerano gli immobili di carattere patrimoniale, cioè quelli abitativi detenuti, ad esempio, da una società di capitali. Oltre alle novità normative, va considerato il caso dei canoni locativi non incassati per valutare l’impatto con il quadro RF di UNICO SC. Tutto ciò, evidentemente, partendo dal dato bilancistico e operando le eventuali diverse considerazioni in ambito fiscale.
Gli immobili patrimonio, cioè quelli diversi dagli immobili strumentali e destinati alla compravendita, detenuti dall’impresa concorrono alla formazione del reddito d’impresa, il quale, però, viene determinato con le regole fondiarie. Pertanto da sempre il modello UNICO, quadro RF, presenta la necessità di operare le variazioni in aumento in primo luogo nel rigo RF 12 con riferimento ai costi segnalati nel Conto economico e non deducibili ex art. 90 comma 2 del TUIR, in secondo luogo nel rigo RF 11 con riferimento al reddito determinato con le regole catastali. Per contro, nel rigo RF 39 vanno inserite le variazioni diminutive collegate ai ricavi prodotti dallo stesso immobile e imputati a Conto economico.
Nel modello UNICO 2013 vanno segnalate due novità normative che riguardano questa disciplina e che si applicano, per la prima novità sotto citata, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011, generalmente quindi dal periodo d’imposta 2012 per i soggetti con esercizio coincidente con quello solare. In primo luogo, la gestione degli immobili di interesse storico/artistico, che in base all’art. 4, comma 5-sexies del DL 16/2012 non possono più beneficiare dell’agevolazione prevista dalla L. 413/1991, consistente nella possibilità di considerare imponibile la minore delle rendite catastali della zona censuaria, anche nel caso di immobili (abitativi) locati. La nuova disciplina riduce fortemente l’agevolazione, stabilendo che il reddito imponibile per l’immobile non locato è pari al 50% della rendita catastale (non incrementata di un terzo per immobile tenuto a disposizione), mentre se l’immobile è locato il reddito imponibile è pari a quello determinato con le regole fondiarie (reddito da contratto eventualmente ridotto del 15% per manutenzioni ordinarie eseguite dal proprietario, ipotesi di riduzione più teorica che pratica) ridotto del 35%. Va segnalato che quest’ultima riduzione non è collegata ad alcuna condizione, quindi spetta a prescindere dall’aver sostenuto o meno spese manutentive. Pertanto, in ipotesi di reddito locativo da contratto pari a 100, si dovranno operare una variazione diminutiva al rigo RF 39 per l’importo di 100 e una variazione in aumento per 65 nel rigo RF 11. Inoltre, nel rigo RF 12 vanno recuperati i costi relativi all’immobile locato.
Occorre ricordare che, se l’immobile non è patrimoniale, quindi, ad esempio, si tratta di un immobile strumentale per natura, non sono mai state applicabili le agevolazioni della L. 431/1991 e il reddito è sempre stato determinato, e continua ad esserlo anche nel periodo d’imposta 2012, con le normali regole analitiche.
Altra novità normativa attiene agli immobili lesionati dall’evento sismico del maggio 2012, quindi distrutti oppure oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, comunque adottate entro il 30 novembre 2012, in quanto inagibili totalmente o parzialmente. Il reddito prodotto da questi beni non concorre alla formazione dell’imponibile fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi e, comunque, fino all’anno di imposta 2013 (art. 8, comma 3, del DL 74/2012). Deve quindi ritenersi che, per gli immobili locati (sia abitativi che commerciali), sia legittima la variazione diminutiva di cui al rigo RF 39 per i canoni indicati a Conto economico, oltre che la deduzione dei costi per gli immobili patrimoniali, poiché se essi fossero ripresi a tassazione si avrebbe comunque la concorrenza alla formazione del reddito imponibile.
Tornando agli immobili ubicati nel resto dell’Italia, una questione delicata attiene ai canoni locativi non incassati. Occorre distinguere gli immobili patrimonio da quelli commerciali: per i primi, il riferimento alle regole fondiarie permette di applicare la regole di cui all’art. 26 comma 1 del TUIR, e cioè escludere da tassazione i redditi per canoni non incassati a partire dal momento della conclusione del procedimento di convalida di sfratto per morosità. Ciò comporta la possibilità di eseguire non solo la variazione diminutiva dei canoni indicati a Conto economico (in aumento la rendita catastale), ma anche di ottenere un credito d’imposta per le imposte versate nel periodo precedente su canoni non incassati. Al riguardo si ritiene che, se la società svalutasse il credito verso il locatore, tale componente negativo non potrebbe essere dedotto, poiché in tal caso si produrrebbe un duplice vantaggio dato che i ricavi vengono detassati e quelli dei periodi precedenti sono oggetto di un credito d’imposta.
Discorso diverso per gli immobili commerciali locati senza incassare i canoni. In questo caso, non si può applicare la norma prima citata e, dunque, l’unica soluzione percorribile è operare la svalutazione del credito locativo deducendo la perdita sul credito ex art. 101 comma 5 del TUIR, non potendo agire direttamente sui ricavi detassandoli. Ovviamente, a partire dal momento della convalida del provvedimento di sfratto per morosità, il contratto deve intendersi rescisso e quindi non più produttivo di ricavi imponibili.
Fonte: Eutekne autore Paolo Meneghetti

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