Società di comodo: le perdite pregresse non compensano il reddito minimo

L’utilizzo in compensazione è possibile solo qualora il reddito effettivo sia superiore al minimo, con un tetto pari all’80% del reddito imponibile
Nella redazione del modello UNICO 2013 e nei calcoli per la determinazione del carico fiscale per il periodo d’imposta 2012, assume rilevanza la corretta gestione del riporto a nuovo delle perdite. In particolare riguardo a due fatti nuovi che vanno analizzati attentamente:
- l’applicazione dello status di società di comodo per perdite sistemiche che debutta nel 2012, anno in cui, se il reddito dichiarato fosse superiore al minimo, si porrebbe il problema di come scomputare le perdite pregresse;
- il riflesso delle “nuove perdite” generate dall’istanza di rimborso IRAP e del loro possibile utilizzo nel modello UNICO 2013, anche alla luce di una recente tesi innovativa proposta dalla Cassazione con l’ordinanza n. 16333 del 26 settembre 2012.
Tra le conseguenze della declaratoria dello status di comodo, vi è l’impossibilità di utilizzare le perdite pregresse per compensare il reddito minimo. Tale utilizzo è consentito solo nel caso in cui il reddito effettivo sia superiore a quello minimo, e in tal caso si pone il problema di come applicare la normativa attuale, che prevede quale tetto alla compensazione l’80% del reddito imponibile. A seguito della riforma prodotta con il DL 98/2011, l’attuale art. 84 del TUIR prevede l’inesistenza di un lasso temporale stabilito per il recupero delle perdite pregresse in compensazione con il reddito prodotto, per contro affermando che tale recupero non può superare l’80% del reddito imponibile.
La norma citata si applica ai soggetti IRES in tutti i casi di compensazione interna, e ciò accade quando la stessa società che ha prodotto la perdita la utilizza per compensare il reddito prodotto successivamente. L’unica eccezione è rappresentata dalla dichiarazione relativa al bilancio finale di liquidazione in cui, secondo la circolare Assonime n. 33/2011, la compensazione potrebbe avvenire in modo integrale e ciò in relazione alla cessazione dell’attività della stessa società.
Nella situazione delle società di comodo, si è posto inizialmente il dubbio di come calcolare tale misura dell’80%, se cioè essa dovesse essere calcolata sul differenziale tra reddito effettivo e reddito minimo, oppure sul reddito effettivo totale. La questione è stata affrontata e risolta in modo condivisibile dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 25/2012, secondo cui il calcolo dell’80% va eseguito sul reddito effettivo, considerando che l’ammontare risultante va comunque confrontato con il reddito minimo da società di comodo, dovendo scegliere, quale imponibile finale, il maggiore tra i due. Quindi, nel caso in cui una società abbia perdite pregresse per 400, reddito effettivo 2012 pari a 120 e reddito minimo pari a 80, il calcolo dell’80% viene eseguito su 120, il che origina una possibile compensazione di 96 e un reddito imponibile di 24. Dato che il reddito minimo è comunque 80 (superiore a 24), si avrà una compensazione massima di 40 e riporto a nuovo di 360.
Per completezza, si ricorda che sempre sulla materia delle perdite fiscali si è pronunciata la recente circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2013, affermando che per le società di comodo il dato da assumere per valutare se un soggetto sia o meno in perdita sistematica triennale è il reddito imponibile del singolo esercizio al lordo della compensazione della perdita pregressa (tesi favorevole al contribuente), ma per gli stessi fini occorre considerare l’eventuale adeguamento da test di redditività di cui all’art. 30 della L. 724/94 (tesi sfavorevole al contribuente), poiché una perdita fiscale, divenuta utile per effetto dell’adeguamento, resta inspiegabilmente una perdita ai fini della normativa sulle società di comodo.
L’art. 84 del TUIR stabilisce che la perdita di un certo periodo d’imposta possa essere computata in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi, “per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare”. Dal dato testuale della disposizione, si arriva alla conclusione che è fatto obbligo per il contribuente di “addossare” la perdita pregressa all’utile che si manifesta immediatamente dopo e fino a capienza del medesimo. Da ciò emergerebbe che non è prevista alcuna possibilità di scegliere in quale periodo la perdita debba essere compensata. Questa tesi ha trovato conferma in uno spunto piuttosto datato della DRE Lombardia, nota n. 85 del 1995, in cui si affermava esplicitamente che “non è più consentito al contribuente di scegliere liberamente uno o più anni del quinquennio successivo ai fini del riporto della perdita. Il nuovo testo normativo [a seguito delle modifiche del DL 69/89, ndR], infatti, dispone che la perdita può essere computata in diminuzione del reddito complessivo, ma non oltre il quinto, «per l’intero importo che trova capienza nel reddito complessivo di ciascuno di essi». Qualora intenda avvalersi del riporto della perdita, quindi, il contribuente è obbligato a computarla in diminuzione interamente dal reddito dell’esercizio o degli esercizi successivi a quello in cui si è verificata”.
Di fronte a questa impostazione, letteralmente ineccepibile, si è recentemente proposta all’attenzione degli operatori una possibile diversa chiave di lettura. L’ordinanza n. 16333/2012 della Corte di Cassazione afferma, infatti, che “al contribuente è riservata una facoltà di scelta da esercitare mediante una chiara indicazione nella dichiarazione –pacificamente inesistente nella fattispecie – in ordine al periodo d’imposta (purché non oltre il quinto) nel quale utilizzare in compensazione le perdite disponibili”. Va sottolineato che questa posizione è stata assunta in relazione ad un accertamento, quindi occorre capire – e ciò non è chiarissimo nel contenuto dell’ordinanza – se la libera scelta sul periodo in cui utilizzare la perdita sia confinata alla situazione accertativa o possa essere espressa nell’ordinaria compensazione di perdite con redditi in sede di modello UNICO. Se così fosse, si aprirebbe uno scenario interessante anche in relazione all’istanza di rimborso, poiché, applicando la tesi della Cassazione, la maggiore perdita potrebbe essere trasferita direttamente al modello UNICO 2013 e qui utilizzata per ridurre il carico IRES del 2012, ottenendo dunque il rimborso in tempi più brevi. Ma perché ciò avvenga occorrerebbe avere certezza sull’estendibilità della tesi espressa dall’ordinanza anche al fuori della situazione accertativa, certezza che oggi non si può dare per scontata.
Fonte: Eutekne autore Paolo MENEGHETTI

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