Articolo Il Sole 24 ore -- Il problema. Le abitazioni che hanno una funzione strumentale all'attività

Il sistema mostra la corda sulla casa-azienda 
La concessione in godimento dei beni relativi all'impresa ai soci, all'imprenditore e ai loro familiari è un nodo che ora viene al pettine con l'obbligo della dichiarazione del reddito diverso in Unico 2013. Non è tanto il problema della comunicazione dei dati all'agenzia delle Entrate il cui termine è stato prorogato al 15 ottobre 2013 (la comunicazione riguarda i beni per i quali il godimento permaneva nel periodo di imposta in corso al 17 novembre 2011).
La questione di attualità riguarda invece l'obbligo di dichiarare nel rigo L10, colonna 1, del modello Unico 2013 il reddito diverso corrispondente alla differenza tra il valore di mercato del godimento e il corrispettivo annuo per la concessione in uso di beni dell'impresa a soci, all'imprenditore e loro familiari (articolo 2, comma 36 terdecies e seguenti, Dl 138/11).
Se da un lato il valore normale del diritto di godimento delle auto aziendali a seguito della circolare n. 36/E del 24 settembre 2012 si risolve in poca cosa in quanto tale valore è determinato forfetariamente (4.500 chilometri per la tariffa Aci) al netto dei costi non dedotti (generalmente il 60% dei costi auto), il problema serio riguarda l'utilizzo delle abitazioni. Non si discute della seconda casa intestata a una società di comodo ed utilizzata dai soci, ma ciò che brucia è l'ipotesi della "casa aziendale" e cioè delle abitazioni che hanno una funzione strumentale all'esercizio della attività.
Si pensi ad esempio ad un albergo, che necessariamente rientra tra i beni dell'impresa, all'interno del quale il titolare usi alcune stanze come residenza o alle società agricole, diverse dalla società semplice, proprietarie del fondo rustico comprendente l'abitazione rurale usata oltre che come residenza dai soci agricoltori e dalle loro famiglie, anche per ragioni di vigilanza degli animali e delle coltivazioni. 
Queste situazioni seppur formalmente rientranti nella disciplina del comma 36 terdecies, non dovrebbero generare alcun reddito imponibile in quanto nella fattispecie manca il valore normale di riferimento. In base alla legge, come ribadito dalla circolare n. 24/E del 15 giugno 2012, e sulla base della definizione di valore normale, si deve assumere il prezzo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione. In sostanza si dovrebbe individuare un canone di affitto corrente di mercato per una abitazione similare. Ma per le situazioni descritte non c'è un valore di mercato. Non è possibile concedere in locazione le tre stanze dell'albergo utilizzate dall'albergatore con tutte le conseguenze derivanti dall'obbligo di assistenza agli ospiti dell'albergo. Oppure chi sarebbe disposto a prendere in affitto una casa di campagna con l'obbligo di custodire gli animali?
Nel caso della abitazioni non si rende applicabile l'altra disposizione che prevede l'indeducibilità dei costi per i beni dati in uso ai soci in quanto per l'articolo 90 del Tuir non ci sono costi deducibili ad eccezione degli interessi su prestiti di finanziamento.
Fonte: Il Sole 24 ore del 24 4 2013

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