Autoconsumo dei beni d’impresa con IVA sul prezzo di acquisto

Da una recente sentenza della Corte Ue si desume che la base imponibile, per le permute, non è il «valore normale»
L’autoconsumo dei beni d’impresa che hanno dato diritto alla detrazione, totale o parziale, dell’IVA, è imponibile e la base di commisurazione dell’imposta non è costituita dal “valore normale”, bensì dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo, determinati nel momento del prelievo.
Con questa conclusione, la Corte di Giustizia, nella sentenza relativa alla causa C-142/12 dell’8 maggio 2013, ha risolto le questioni interpretative sollevate dal giudice del rinvio in riferimento al trattamento IVA dei beni posseduti dal soggetto passivo alla data della cessazione dell’attività.
Il primo profilo esaminato si riferisce al presupposto oggettivo, che l’art. 18, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 2006/112/CE considera integrato laddove lo Stato membro abbia assimilato alle cessioni a titolo oneroso “il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa in caso di cessazione della sua attività economica imponibile, quando detti beni hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA al momento dell’acquisto”.
La norma richiamata, corrispondente all’art. 2, comma 2, n. 5) del DPR n. 633/1972, è diretta ad evitare che i beni che hanno dato diritto alla detrazione giungano al consumo finale completamente detassati, riconoscendo “a monte” una tassazione che “a valle” non sia prevista. Per evitare tale effetto, contrario al principio della tassazione al consumo dei beni (art. 1, par. 2 della Direttiva), il regime di imponibilità si applica estensivamente, vale a dire indipendentemente dai motivi o dalle circostanze che hanno determinato la destinazione extraimprenditoriale dei beni.
Le considerazioni svolte dai giudici comunitari in merito al secondo profilo, riguardante la determinazione della base imponibile, dimostrano che le modifiche introdotte nella legislazione italiana dalla L. n. 88/2009 (Comunitaria 2008) sono, in parte, disallineate rispetto agli artt. 74 e 80 della Direttiva.
Per le ipotesi di autoconsumo o, comunque, di destinazione estranea all’attività d’impresa, la base imponibile, in linea con l’art. 13, comma 2, lett. c), del DPR n. 633/1972, è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni.
Dal punto di vista temporale, il prelievo rappresenta non solo il momento in cui deve essere quantificato il prezzo di acquisto o di costo, ma anche – in base all’art. 63 della Direttiva – il momento in cui l’operazione si considera effettuata e la relativa imposta diventa esigibile per l’Erario. In tale momento, il prezzo d’acquisto da assoggettare a IVA corrisponde al valore residuo dei beni (Corte Ue, cause riunite C-322/99 e C-323/99), che tiene quindi conto dell’eventuale deprezzamento o apprezzamento intervenuto rispetto alla data di acquisto.
L’incompatibilità con la normativa comunitaria si riferisce alle permute, rispetto alle quali l’art. 13, comma 2, lett. d), del DPR n. 633/1972 prevede l’applicazione del “valore normale”, quando invece la giurisprudenza comunitaria limita tale criterio alle fattispecie tassativamente elencate nell’art. 80 della Direttiva, riguardanti le ipotesi di sovrafatturazione e sottofatturazione delle operazioni fra soggetti “collegati” (Corte Ue, cause riunite C-621/10 e C-129/11 e causa C-285/10).
A conferma di questa conclusione si è espressa, più di recente, la Corte di Giustizia (causa C-19/12). Sulla scia della pronuncia resa nella causa C-549/11, si evince, peraltro, un ulteriore profilo di illegittimità che contraddistingue la modalità di determinazione della base imponibile delle operazioni permutative. Nella disciplina interna, la base imponibile viene quantificata in riferimento al “valore normale” (ancorché riferito al costo) del bene ceduto anziché di quello ricevuto (cfr. risoluzione Agenzia delle Entrate n. 255/2009), mentre dalla citata giurisprudenza si desume che il valore della prestazione coincide con quello della controprestazione, inteso come valore attribuito dal beneficiario, corrispondente alla somma di denaro che quest’ultimo sarebbe disposto a pagare per acquistare il bene/servizio.
L’interpretazione fornita dai giudici comunitari, in ordine all’ultima questione pregiudiziale relativa alla causa C-142/12 in commento, conferma la diretta applicabilità dell’art. 74 della Direttiva negli ordinamenti interni (in quanto la disposizione stabilisce in modo chiaro e incondizionato i criteri di determinazione della base imponibile) e consente di ritenere che il contribuente italiano, in relazione alle permute, possa invocare la diretta applicazione della norma comunitaria (nella specie, l’art. 73 della Direttiva e, quindi, la determinazione dell’imponibile in funzione del valore soggettivo, riferito però alla controprestazione, anziché al “valore normale”) innanzi al giudice nazionale, il quale è tenuto a disapplicare la previsione interna difforme.
Fonte: Eutekne autore Paolo CENTORE e Marco PEIROLO

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