Se la società si estingue, difesa «difficile» per i soci che succedono

I soci, specie se di spa e di srl, succedono in un processo rispetto al quale possono non sapere nulla
In precedenti articoli, abbiamo rilevato che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 6071/2013) ha sancito che, nel caso di estinzione della società a processo instaurato, i soci succedono nel contenzioso a condizione che essi possano essere fiscalmente responsabili, quindi solo se hanno ricevuto somme dal bilancio finale di liquidazione.
Invece, se si tratta di soci di snc, la successione si verifica sempre, posto che essi sono solidalmente e illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Anche la sezione tributaria della Suprema Corte aveva confermato tale impostazione, con la sentenza 7676/2012.
Prescindendo da ogni considerazione sulla correttezza circa la successione dei soci nel processo, si intende in questa sede evidenziare come la tutela giurisdizionale del socio possa, di fatto, essere pregiudicata.
Dal punto di vista procedimentale, ai sensi degli artt. 40, 43 e 45 del DLgs. 546/92, gli step dovrebbero essere i seguenti:
- la società di capitali viene cancellata dal Registro delle imprese magari subito dopo la costituzione in giudizio in primo grado, quindi si verifica l’evento interruttivo;
- trattandosi di evento interruttivo che colpisce una parte che non si difende personalmente (salvo il caso dell’atto sotto la soglia di cui all’art. 12 del DLgs. 546/92), il difensore ritiene di palesare tale evento in udienza;
- la Commissione dichiara con ordinanza l’interruzione del processo;
- i soci, che hanno riscosso somme in base al bilancio di liquidazione, conferiscono una procura speciale al difensore che riassume il processo entro i sei mesi dalla dichiarazione di cui sopra;
- viene data comunicazione dell’udienza e il processo prosegue.
Ebbene, il socio di spa e di srl subentra in un processo di cui può benissimo non sapere nulla, siccome l’atto, in origine, è stato notificato alla sola società.
Ciò è ancora più evidente se si tratta di socio di minoranza.
Il problema sembra minore per le snc e le sas, ove di norma gli uffici notificano l’atto in tema di IVA/IRAP anche al socio, per cui questo è messo nella condizione di partecipare da subito al processo.
Per le società di capitali, verrebbe da domandarsi come il socio possa avere tutela quando, esaminando l’atto, rinviene motivi di impugnazione che la difesa della società, per un qualsivoglia motivo, non ha sollevato.
Ma gli orizzonti potrebbero anche ampliarsi, posto che egli, ritenendo l’atto fondato, magari avrebbe voluto optare per l’acquiescenza o definire le sole sanzioni.
Difficile ammettere l’integrazione dei motivi
È palese che non c’è spazio per alcun istituto definitorio eccezion fatta per la conciliazione giudiziale, in costanza dei presupposti di cui all’art. 48 del DLgs. 546/92.
Per quel che riguarda i motivi di ricorso, il sistema processuale tributario non ammette nessuna possibilità di una loro integrazione, se non nello sporadico caso del deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti.
È arduo tentare di far rientrare questa situazione nel caso menzionato e, del pari, sembra difficile ricorrere all’interpretazione analogica.
Allora, pare verosimile affermare che il socio debba accettare il processo così come si trova, non potendo ampliare i motivi.
Egli potrebbe, a nostro avviso, depositare documenti e memorie entro venti e/o dieci giorni liberi prima dell’udienza, al fine di avvalorare la tesi a suo tempo fatta propria dalla società, ma non aggiungere motivi (ad esempio, se l’atto fosse stato notificato tardivamente, tale vizio sarebbe ormai non più sollevabile).
Questa è una ulteriore ragione per cui è, a nostro avviso, da rigettare la tesi della successione nel processo, in quanto l’atto ab origine notificato alla società è espressione di una pretesa diversa da quella che può essere fatta valere nei confronti del socio, visto che potrebbe altresì mutare il domicilio fiscale.
Certo, sostenere che il processo sarebbe estinto per cessazione della materia del contendere e che il Fisco debba notificare apposito atto al socio rispettando il limite dell’art. 2495 del codice civile aprirebbe il problema dell’ormai avvenuta decadenza per la sua notifica, ma a ciò dovrebbe porre rimedio il Legislatore.
Fonte: Eutekne autore Alfio CISSELLO

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