Cassazione. I giudici di legittimità «aprono» sul caso di documenti soggettivamente inesistenti Fatture, costi deducibili

I costi derivanti da fatture soggettivamente inesistenti sono deducibili anche se il contribuente ha consapevolmente partecipato agli illeciti, ma il giudice è chiamato a verificarne l'effettività, l'inerenza, la competenza e la certezza.
A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 12503 depositata ieri, che trae origine da una rettifica di costi operata dall'agenzia delle Entrate nei confronti di una società, perche ritenuti relativi a fatture soggettivamente inesistenti.
I beni, cioè, erano stati sicuramente acquistati ma non dal fornitore che aveva emesso le fatture in quanto questi, per una serie di obiettive circostanze, non era in grado di eseguire le transazioni. Per tali ragioni, e ritenendo sussistendo il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture soggettivamente false, l'ufficio li considerava costi da reato e quindi indeducibili.
La commissione regionale, cui si era rivolto il contribuente dopo la soccombenza in primo grado, accoglieva parzialmente gli appelli basandosi su una consulenza di ufficio disposta nel corso del giudizio. L'agenzia delle Entrate ricorreva pertanto in Cassazione lamentando una serie di circostanze.
I giudici di legittimità hanno confermato che le nuove disposizioni introdotte dall'articolo 8 del Dl 16/2012 hanno integralmente modificato il comma 4-bis dell'articolo 14 della legge 537/1993 in tema di costi da reato. La precedente versione della norma prevedeva, infatti, l'indeducibilità delle spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. Il citato articolo 8, invece, ha disposto che non sono ammessi in deduzione i costi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, circoscrivendo così l'indeducibilità ai costi "direttamente" (e non più genericamente) utilizzati per il compimento del reato. Nel caso quindi di fatture soggettivamente inesistenti, trattandosi di acquisti non direttamente utilizzati per il compimento degli illeciti, non può più dubitarsi della loro deducibilità.
Nello stesso senso, peraltro, si è già espressa l'agenzia delle Entrate con la circolare 32/2012. La Corte però ha, condivisibilmente, evidenziato che le modifiche normative non comportano automaticamente la deduzione di tali oneri, essendo necessaria la verifica degli altri requisiti previsti dal Tuir in tema di deduzione di elementi negativi di reddito (inerenza, competenza, ecc). 
Poiché nella specie tale verifica non era stata compiuta dal giudice di merito, la Cassazione ha accolto il ricorso rinviando il tutto ad altra sezione della competente commissione regionale.
La pronuncia è importante in quanto vi sono numerosi contenziosi in corso su queste vicende: per evitare ulteriori impugnazioni e conseguenti rinvii potrebbe essere utile che i giudici di merito, nel prendere atto delle nuove disposizioni, evidenzino anche la sussistenza (o meno) degli altri requisiti previsti dal Tuir per la deduzione dei costi in argomento, chiudendo così definitivamente la controversia.
Fonte: Il sole 24 ore autore Antonio Iorio

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