Iva. Non incide il decreto sulle semplificazioni

Costi da reato e fatture false, non c'è spazio per la deduzione 
Non possono essere dedotti i costi sostenuti da un imprenditore, assolto dall'accusa di evasione Iva, a fronte di una fattura soggettivamente falsa. Non conta quanto previsto dal decreto legge sulla semplificazione fiscale del 2012. Lo sostiene la Corte di cassazione con la sentenza 11667/13 della Quinta sezione civile depositata ieri. La deducibilità dei costi da reato era stata invece ammessa, in una situazione identica, dalla Cassazione solo un anno fa con la pronuncia 10167/12. La Corte ha così accolto il ricorso presentato dall'agenzia delle Entrate contro la sentenza della Ctr del Lazio che aveva giudicato privo di elementi probatori un accertamento per la costituzione da parte di una Srl di un "cartello" con altre società finalizzato all'evasione dell'Iva.
La Corte si sofferma innanzitutto sulla fattispecie, sottolineando che la fatturazione per operazione inesistente ha come presupposto il fatto che la fornitura sia stata effettivamente acquisita dal contribuente, ma che la merce sia stata fornita da un soggetto diverso dal fatturante. In questo caso l'Iva che il cessionario paga al cedente per l'operazione soggettivamente inesistente, cioè per la cessione non effettuata da quel cedente, non è deteraibile: è infatti corrisposta a un soggetto che non era legittimato alla rivalsa e neppure all'obbligo di pagamento dell'imposta.
In questo senso va anche la giurisprudenza comunitaria per la quale il versamento del l'Iva a un soggetto che non è autentica controparte apre la strada a un indebito recupero dell'imposta e mina, con effetti dirompenti, il meccanismo di compensazione tra Iva a monte e a valle. Tocca però all'amministrazione finanziaria, davanti a un'operazione soggettivamente inesistente, contestare la riferibilità dell'operazione al soggetto che ha emesso la fattura. 
Per quanto riguarda gli effetti del decreto legge n. 16 del 2012, decreto semplificazioni, che contiene una disposizione sulla deducibilità dei costi da reato, la sentenza osserva che questi vanno complessivamente esclusi. A questa conclusione conduce, oltre che la lettura della norma, anche la considerazione della relazione. Quest'ultima infatti chiarisce che l'indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi «ferme restando le regole generali in materia di detrazione dell'imposta sul valore aggiunto di cui al Dpr 26 ottobre 1972 n. 633 e in tema di deduzione previste dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il Dpr 22 dicembre 1986 n. 917».
L'anno scorso, però, la Cassazione aveva spiegato che ai soggetti terzi coinvolti nelle frodi carosello doveva essere concessa la deducibilità dei costi, visto che i beni acquistati non sono stati utilizzati per commettere il reato ma, spesso, per essere messi in commercio e ceduti.
LA SENTENZA
La relazione al disegno di legge chiarisce difatti che (...) l'indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, ferme restando le regole generali in materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui al Dpr n. 633/72 e in tema di deduzione previste dal dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il Dpr n. 917/86; pertanto, ove del caso, l'indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l'operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre disposizioni eventualmente applicabili.
Cassazione civile, sentenza n. 11667 del 2013.
Fonte: il sole 24 ore autore Giovanni Negri

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