Sponsorizzazioni, round ai contribuenti

Un punto a favore del contribuente nella partita contro il Fisco che ha come oggetto la contestazione delle spese di sponsorizzazione che, se ritenute eccessive, vengono riprese a tassazione dagli Uffici delle Entrate. La Commissione Tributaria di Mantova (sentenza n. 114, deposita il 30 aprile 2013), ha ritenuto valide le ragioni difensive addotte al contribuente.
La campagna
Con una serie di interventi dei primi mesi del 2012 (si veda Il Sole 24 Ore del 27 febbraio e 9 marzo 2012) si dava conto di una campagna accertativa promossa dalle Direzioni Regionali di Emilia Romagna, Marche e Toscana, poi estesa ad altre regioni italiane, tesa ad contestare la deducibilità delle spese di sponsorizzazione, quando esse si presentavano di entità eccessivamente onerosa in relazione al volume d'affari e superiore al 20% del reddito del contribuente che ne avesse sostenuto la spesa. Nel caso esaminato dalla Cpt di Mantova l'ufficio contestava una supposta sproporzione tra la spesa sostenuta e il volume d'affari del contribuente, agente di commercio monomandatario, oltre a rilevare l'assenza di un incremento sostanziale dei ricavi negli anni successivi alla spesa per sponsorizzazione. Inoltre veniva rilevato che lo sponsor, per la sua particolare qualifica (Associazione sportiva dilettantistica), non poteva che destinare messaggi pubblicitari ad un pubblico esiguo.
La tesi della Ctp di Mantova
La Commissione mantovana ha ribaltato il ragionamento dell'Ufficio sulla questione della assenza di risultati tangibili in tema di incremento del fatturato per effetto della sponsorizzazione. La problematica viene ricondotta al fatto che non è possibile giudicare ex post l'effetto della sponsorizzazione e concludere che, ove l'incremento del fatturato non sia sensibile, allora il costo sia antieconomico e come tale non deducibile. L'imprenditore che sostiene il costo per la sponsorizzazione non è in grado di conoscere ex ante l'effetto dell'investimento, lo può solo sperare e per tale motivo esegue l'operazione, ma se poi essa non si rivela particolarmente efficace ciò non inficia la correttezza imprenditoriale della sponsorizzazione.
Sul punto della supposta esiguità del pubblico destinatario del messaggio pubblicitario la sentenza afferma che il messaggio stesso va al di là del mero spettatore dell'evento, e ciò anche per effetto della citazione degli eventi sportivi sulla stampa locale.
Ma certamente particolarmente qualificante è il riconoscimento dello stringente contenuto dell'articolo 90, comma 8 della legge 289/02, nel caso in cui lo sponsor si qualifichi come associazione sportiva dilettantistica. La norma citata, infatti, qualifica come spese di pubblicità le somme erogate alle associazioni sportive dilettantistiche, per importi non superiori a 200.000 euro annui, introducendo nell'ordinamento quella che viene denominata nella sentenza «una presunzione assoluta» circa la natura delle somme erogate, e siccome spese di pubblicità assolutamente deducibili. Ciò al di là del risultato concreto ottenuto dal'impresa che ha sostenuto la spesa: in pratica viene premiato fiscalmente il comportamento dell'imprenditore sponsorizzante in vista del ruolo sociale rivestito dalle associazioni sportive dilettantistiche, anche se il ritorno dell'investimento, in termini di incremento del fatturato, non è così evidente.
Fonte: Il sole 24 ore autore Paolo Meneghetti

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