Accertamento. Il Codice civile e l'orientamento della Cassazione Il Fisco continua a portare in giudizio la società estinta

Contro la rettifica a soggetti cancellati l'unica strada è avviare il contenzioso
Il Fisco continua a bussare alla porta di società estinte, notificando atti impositivi a soggetti cancellati dal registro imprese. Con la conseguenza che l'unica difesa è avviare il contenzioso per ottenere la nullità dell'atto.
Gli effetti della cancellazione
In seguito alle modifiche del diritto societario, la cancellazione di una società dal registro imprese ne comporta l'estinzione. Questa circostanza produce la perdita della personalità giuridica e vengono meno, da quel momento, diritti e doveri, a prescindere dall'eventuale esistenza di rapporti non definiti. 
Già nel 2010 tre sentenze delle Sezioni unite della Cassazione (4060, 4061 e 4062 del 2010) avevano precisato che la cancellazione comporta l'estinzione sia delle società di capitali, sia di persone. Ancora le Sezioni unite il 12 marzo scorso hanno chiarito che i soci subentrano nei rapporti debitori e creditori della società, ma sono loro (e soltanto loro) «la giusta parte» a cui notificare gli atti (sentenze 6070, 6071 e 6072).
In base all'articolo 2495 del Codice civile, ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. 
La domanda proposta entro un anno dalla cancellazione può essere notificata presso l'ultima sede della società.
Nonostante queste pronunce e il contenuto della norma appena citata, alcuni uffici locali dell'agenzia delle Entrate continuano a comportarsi diversamente. È quanto avvenuto, ad esempio, a Brescia. A ottobre scorso è stato notificato un accertamento intestato a una Snc cancellata dal registro imprese già nel giugno 2008, con tanto di indicazione di codice fiscale dell'impresa (cessata). Ai soci invece è stata notificata la rettifica dei redditi attribuiti quota parte per trasparenza, proprio come se la società fosse stata perfettamente operante.
La tesi dell'ufficio
Nel corso dell'adesione, avviata dagli ex soci, anche per evitare il contenzioso, veniva rilevato che, verosimilmente, l'accertamento alla società cancellata era «inesistente» secondo i dettami del Codice civile e della Suprema corte. L'ufficio, invece, sottolineava che una simile interpretazione era errata, perché il principio trova applicazione solo ed esclusivamente per le società di capitali. Infatti – a parere dell'ufficio – quanto espresso dalle Sezioni unite nelle sentenze del 2010, in riferimento alle società di persone, è solo una «presunzione» e la società «potrebbe mantenere la propria capacità processuale pur a fronte della perdita sostanziale della propria legittimazione». Dunque secondo l'amministrazione finanziaria il soggetto inesistente può comunque operare in giudizio.
In realtà, i principi espressi dalle Sezioni unite sono di tutt'altro tenore: anche per le società di persone è applicabile la disposizione dell'articolo 2495 del Codice civile. Di conseguenza, anche per questi soggetti, la cancellazione equivale all'estinzione, e l'eventuale pretesa deve essere dunque richiesta e notificata ai soci direttamente in qualità di successori del debito.
Una vicenda analoga si è verificata a Macerata: questa volta, a ricevere un accertamento con richiesta di maggior reddito è stata una società di capitali estinta da vari anni, tanto da indurre l'ufficio a notificarlo all'ex liquidatore (un professionista esterno).
A nulla sono valse le giustificazioni volte a evidenziare l'inesistenza della società. Il ricorso, non esistendo più la compagine sociale, è stato proposto dal liquidatore cessato. Nelle proprie controdeduzioni, l'Agenzia ha rilevato che il liquidatore non aveva la legittimazione passiva processuale, cioè non poteva presentare ricorso: così, da un lato, la società non esisteva più e non poteva difendersi dall'accertamento, e, dall'altro, l'ex liquidatore (che aveva ricevuto l'atto) non rivestiva più la qualifica che gli consentiva di stare in giudizio per conto dell'impresa.
La parola è passata così ai giudici, per contenziosi evitabili attenendosi alle pronunce delle Sezioni unite e al Codice civile. L'auspicio è che, nel frattempo, intervengano direttive a livello centrale, per evitare di dover arrivare in Commissione tributaria.
Fonte: Il sole 24 ore autore Antonio Iorio
I casi pratici
Gli effetti dell'estinzione della società sugli accertamenti del fisco
LA SOCIETÀ DI PERSONE CANCELLATA
L'agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento a una società di persone cancellata anni prima dal registro imprese e pertanto estinta. La perdita della personalità giuridica dell'ente comporta l'impossibilità di qualunque azione, compreso il ricorso o il pagamento. L'ufficio sostiene che l'articolo 2495 del Codice civile è applicabile solo alle società di capitali
Gli ex soci possono impugnare l'atto rilevandone l'inesistenza, in quanto notificato a un soggetto privo di capacità processuale. Inoltre, in base all'articolo 36 del Dpr 602/1973, l'atto – oltre a dover essere indirizzato direttamente si soci stessi – avrebbe dovuto specificare gli elementi di fatto e di diritto ritenuti utili per richiedere le somme ai soci
L'ATTO NOTIFICATO A UNA SRL ORMAI ESTINTA
L'ufficio notifica una cartella di pagamento di 120mila euro a una società estinta. L'ultimo bilancio della società non aveva attivo e pertanto non è mai esistito un saldo da ripartire tra i soci. Nei due anni precedenti l'estinzione non sono stati distribuiti beni o denaro ai soci. Il debito tributario non era inserito nel bilancio finale
L'articolo 36 del Dpr 602/73 prevede che i soci rispondano limitatamente alle somme incassate nei due anni precedenti la liquidazione e che il liquidatore risponda delle somme che avrebbero trovato capienza nell'attivo di liquidazione. Nella specie, l'atto notificato è inesistente e il credito non potrà essere soddisfatto da alcun soggetto, mancando un attivo ripartito
L'AVVISO INVIATO ALLA SOCIETÀ CON ATTIVO RIPARTITO
A una Srl cancellata è stato notificato un avviso di accertamento per un totale di 250mila euro. In sede di riparto del saldo attivo ai due soci (50%) erano stati distribuiti 25mila euro ciascuno. Nei due anni precedenti la cancellazione, i soci avevano effettuato solo versamenti a causa delle difficoltà di liquidità di cui soffriva la società
L'atto andava notificato direttamente ai soci e non alla società, perché soggetto inesistente. Secondariamente, va rilevato che i soci avrebbero potuto rispondere solo nel limite di 25mila euro ciascuno, dato che è questa la somma ricevuta in sede di liquidazione. La pretesa, dunque, così come notificata, è passibile di nullità
L'ATTO NOTIFICATO DIRETTAMENTE AI SOCI
Ai soci di una Srl è stato notificato un avviso di accertamento riferito a una società da essi partecipata e poi estinta. L'accertamento è motivato sulla differenza del reddito dichiarato rispetto a quanto desumibile da Gerico. Il totale richiesto è di 55mila euro e ai soci è stato notificato lo stesso atto per gli stessi importi
I soci rispondono limitatamente alle somme ricevute dalla liquidazione. L'atto deve specificare qual è il saldo attivo ripartito e la misura erogata a ciascun socio. La difesa, in questo caso, dovrà puntare sulla carente motivazione e, ricorrendone i presupposti, sulla diversa responsabilità dei soci, da calcolare in relazione alle somme percepite
IL RIMBORSO RICHIESTO DALLA SOCIETÀ
È stata presentata un'istanza di rimborso a nome di una società, quando questa risultava già cancellata dal Registro imprese. L'ufficio non ha mai risposto a questa richiesta e quindi è stata valutata l'ipotesi di ricorrere contro il silenzio-diniego. Trattandosi dell'unica posta attiva, nel bilancio finale è stato imputato (contabilmente) a favore dei soci
L'istanza andava presentata a nome dei soci, trattandosi di una società cancellata.
L'Agenzia potrebbe difendersi contro il ricorso proposto sul diniego formatosi sull'istanza, rilevando «l'inesistenza della richiesta di rimborso». Potrebbe essere utile presentare l'istanza a nome di tutti i soci e successivamente impugnare il silenzio-diniego

Commenti