Imposte indirette. Le procedure in caso di vendite effettuate da aziende di Paesi stranieri sono cambiate dopo le modifiche introdotte dal 1° gennaio 2013 Iva, fatture del fornitore Ue da integrare

L'impresa italiana deve provvedere anche se l'operatore estero ha un rappresentante fiscale sul territorio
È frequente che imprese non residenti, prive di stabile organizzazione in Italia, operino nello Stato servendosi di un rappresentante fiscale o, in alternativa direttamente – ma devono essere realtà comunitarie – se identificate in base all'articolo 35-ter del Dpr 633/72. È questo il meccanismo individuato dall'articolo 17, comma 3, del Dpr 633/72.
L'apertura di una partita Iva nazionale, obbligatoria per le operazioni verso privati o verso altri soggetti passivi non residenti, è spesso collegata a esigenze logistiche, relative alla vendita di beni all'interno del territorio dello Stato, in favore di clienti soggetti passivi residenti. In questi casi, gli operatori nazionali incontrano qualche difficoltà a stabilire quali siano i corretti adempimenti, anche a causa delle recenti modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2013 (228/2012).
Fino al 31 dicembre dello scorso anno, per una cessione eseguita in Italia da parte di imprese non residenti (comunitarie o no), anche se dotate di posizione Iva in Italia, gli obblighi dovevano essere adempiuti dagli operatori residenti mediante il sistema dell'autofatturazione. Di conseguenza, l'eventuale documento (peraltro non necessario, come ha chiarito la risoluzione 89/E/2010) emesso dal rappresentante fiscale per una vendita interna si sarebbe dovuto "ignorare", dato che, ai fini Iva, rileva l'autofattura emessa dal cessionario nazionale (circolare 36/E/2010, risposta 31).
Le cose cambiano (parzialmente) per le operazioni effettuate dal 2013. In effetti, per le operazioni sul territorio italiano eseguite da soggetti passivi extracomunitari, gli obblighi fiscali continuano a essere assolti dagli operatori residenti, che emettono autofattura (articoli 17, comma 2, primo periodo e 21, comma 6-ter, Dpr 633/72). Invece, quando le cessioni sono realizzate da soggetti passivi stabiliti in uno Stato Ue (anche se dotati di partita Iva italiana), occorre seguire le regole dettate dagli articoli 46 e 47 del decreto legge 331/93, integrando con l'Iva, se dovuta, la fattura del cedente comunitario, in base all'articolo 17, comma 2, secondo periodo, Dpr 633/72.
L'emissione della fattura, del resto, dovrebbe essere un adempimento obbligatorio nello Stato Ue in cui è stabilito il cedente. E ciò in base a norme analoghe all'articolo 21, comma 6-bis, lettera a), del Dpr 633/72 (conforme all'articolo 219-bis, direttiva 2006/112) che, a ruoli invertiti, impone ai soggetti passivi nazionali di fatturare le operazioni attive – cessioni di beni e prestazioni di servizi – realizzate; in questi casi, sulle fatture occorre inserire la dicitura «inversione contabile». Né l'eventuale assenza della fattura comunitaria impone di ragionare diversamente. Il richiamo alle disposizioni del decreto legge 331/93, infatti, è "integrale". Quindi, se manca la fattura del cedente comunitario, è il cessionario che deve regolarizzare l'omissione in base all'articolo 46, comma 5, del decreto legge 331/93, emettendo l'autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'acquisto.
In questo modo, però, i soggetti che operano in altri Stati Ue e sono lì dotati di partita Iva potrebbero dover duplicare gli adempimenti documentali. Si pensi a un'impresa italiana che trasferisce beni in un altro Stato comunitario (in un proprio deposito) per venderli in seguito. Una prima fattura (al rappresentante fiscale) deve essere emessa al momento del trasferimento dei beni per monitorare la loro movimentazione. Questa operazione, infatti, rappresenta una cessione intracomunitaria assimilata (articolo 41, comma 2, lettera c, del decreto legge 331/93) e, specularmente, un acquisto intracomunitario assimilato nello Stato di arrivo. Poi, al momento della vendita "interna", realizzata nel Paese Ue in cui i beni sono stati trasferiti, a un soggetto passivo che sia debitore dell'imposta, occorre emettere una seconda fattura per documentare la "vera" cessione (articolo 21, comma 6-bis, lettera a, Dpr 633/72).
Si tratta di uno schema che sarebbe opportuno alleggerire, dato che lo spostamento dei beni fra Stati membri è già adeguatamente sorvegliato dai modelli Intrastat. Nel rispetto delle norme sostanziali di riferimento, il primo dei due adempimenti potrebbe essere eliminato, anche per evitare la complicazione di "sterilizzare" l'artificioso incremento del volume d'affari che deriva dalla doppia fatturazione.
I casi pratici
Come cambiano le fatture che coinvolgono imprese od operazioni estere
L'IMPRESA EXTRA-UE
Un'impresa residente in Italia acquista beni esistenti nel territorio dello Stato da una società extra Ue
dotata di rappresentante fiscale in Italia. Il rappresentante fiscale emette fattura, senza applicare l'Iva, al momento della consegna della merce al cliente nazionale. Il pagamento avviene successivamente alla consegna dei beni, che sono scortati da documento di trasporto. Anche se il rappresentante fiscale emette
la fattura, l'impresa residente deve emettere l'autofattura, in base all'articolo 21,comma 5, Dpr 633/72.
L'autofattura deve essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello in cui è effettuata l'operazione (con la consegna), registrandola entro lo stesso termine e con riferimento al mese d'effettuazione.
L'autofattura reca la dicitura «autofatturazione»
L'IMPRESA COMUNITARIA
Una società stabilita in uno Stato Ue diverso dall'Italia e identificata ai fini Iva in Italia
(in base all'articolo 35-ter del Dpr 633/72) cede beni a un'impresa nazionale.
Questi beni vengono inviati direttamente dall'estero al cliente italiano destinatario.
La cessione (con pagamento successivo) è documentata da una fattura senza addebito dell'imposta
che riporta la partita Iva italiana. Per queste operazioni, dal 2013, l'impresa italiana deve applicare le regole stabilite dagli articoli 46 e 47 del decreto legge 331/93. Pertanto, l'impresa italiana deve integrare la fattura emessa dalla società comunitaria. Se questa non è ricevuta entro il secondo mese successivo a quello della consegna, deve emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese (articolo 46, comma 5, decreto legge 331/93)
IL RAPPRESENTANTE ALL'ESTERO
Un'impresa italiana invia beni in un altro Stato Ue, nel quale ha in precedenza nominato un proprio rappresentante fiscale.I beni devono poi essere venduti a clienti all'interno dello Stato estero. In base alle regole dello Stato Ue di destinazione dei beni, per queste cessioni, è il cessionario che sia soggetto passivo
che deve applicare l'imposta. Al momento del trasferimento dei beni, l'impresa deve emettere fattura nei confronti del rappresentante fiscale (come precisato dalla circolare 13/E/1994), compilando il modello Intrastat delle cessioni. Quando i beni saranno venduti al cliente nell'altro Stato comunitario, dovrà essere anche emessa fattura con l'indicazione «inversione contabile» (articolo 21, comma 6-bis, lettera a, Dpr 633/72).
LA FATTURA ANTICIPATA
Un'impresa italiana, priva di stabile organizzazione in Spagna, incarica uno studio legale spagnolo per una consulenza "spot" su una questione fiscale (prestazione regolata dall'articolo 7-ter del Dpr 633/72). Lo studio accetta l'incarico e, nello stesso momento, emette una fattura anticipata. L'impresa italiana non ha però versato alcuna somma a titolo di acconto allo studio e la consulenza non è ancora iniziataL'impresa italiana non deve fare niente. Solo quando il servizio sarà ultimato o al momento del pagamento parziale o totale del corrispettivo, l'impresa nazionale dovrà adempiere gli obblighi Iva. In base alle norme comunitarie, in questo caso non sembrano utilizzabili le indicazioni della circolare 35/E/2012, secondo cui la fattura anticipata può essere indice dell'ultimazione della prestazione
L'ACCONTO
Una società italiana riceve una somma a titolo di acconto il 15 aprile 2013 per una campagna pubblicitaria di un nuovo prodotto (prestazione di servizi regolata dall'articolo 7-ter del Dpr 633/72) commissionata da un'impresa australiana, priva di stabile organizzazione in Italia, ma qui dotata di rappresentante fiscale. La società italiana non ha ancora ultimato la prestazione. La fattura va emessa, anche se il servizio è fuori campo Iva (articolo 21, comma 6-bis, lettera b, Dpr 633/72), entro il 15 del mese successivo a quello dell'incasso (che coincide con l'effettuazione della prestazione) e deve essere registrata entro lo stesso termine, ma con riferimento al mese di effettuazione. Non conta che il committente extra-Ue abbia un rappresentante fiscale (circolare ministeriale 36/E/2010)
Fonte: Il sole 24 ore autori Stefania Saccone Massimo Sirri

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