Riscossione. L'onere in campo tributario Prova agli uffici sui debiti dei soci

I soci sono successori delle società estinte, sia nei rapporti creditori, sia in quelli debitori, ma in ambito tributario valgono regole differenti. 
Lo chiariscono le Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza 6070 depositata il 12 marzo 2013, che ha illustrato le sorti e la gestione dei rapporti attivi e passivi, non definiti nella fase di liquidazione.
La corposa sentenza, in estrema sintesi, chiarisce che i soci succedono alla società estinta nella misura prevista nel precedente rapporto societario, quindi «limitatamente» per le società di capitali e «illimitatamente» per quelle di persone. Questa conseguenza è l'unica possibile, per evitare che la cancellazione dal registro determini la «sparizione» dei debiti insoddisfatti, imponendo un ingiustificato sacrificio dei creditori.
La pronuncia specifica in più parti che l'azione va necessariamente rivolta ai soci, che sono l'unica «giusta parte» dell'eventuale giudizio. Infatti, affrontando anche il caso in cui l'estinzione avvenga in corso di causa, le Sezioni unite chiariscono che la società, proprio perché cancellata, non ha personalità giuridica e quindi l'azione promossa da o verso questo soggetto non può che essere inammissibile. La «giusta parte» processuale sono i soci succeduti, nei limiti specificati.
Sotto il profilo tributario, si verifica spesso che gli uffici, nonostante le precisazioni sia della Suprema corte sia di alcune note interne, continuino a notificare atti e provvedimenti a società cancellate da tempo (si veda l'altro articolo in pagina). Le Sezioni unite richiamano, innanzitutto, una precedente pronuncia della Corte (11968/2012) che sembra in contrasto con quanto affermato sino a quel momento. Infatti, secondo quest'ultima pronuncia, non esiste un «automatico subentro nei rapporti con il fisco», perché, oltre alla disposizione civilistica, vige l'articolo 36 del Dpr 602/73.
In base al comma 3 di questo articolo, i soci che hanno ricevuto nei due anni precedenti la messa in liquidazione denaro o altri beni, sono responsabili delle imposte dovute dalla società estinta, nei limiti del valore di quanto ricevuto, fatte salve maggiori responsabilità stabilite dal Codice civile.
La Corte, in quella pronuncia, aveva disposto che quando l'amministrazione fiscale vuole agire nei confronti del socio, è tenuta a dimostrare che ci sia stata la distribuzione dell'attivo. Spetta dunque al Fisco accertare in capo ai soci i requisiti previsti dalla legge per la responsabilità prevista nell'articolo 36 del Dpr 602/73.
Le Sezioni unite, ora, richiamando specificamente questa pronuncia, sembrano sottolineare che nel settore fiscale valgono regole leggermente diverse, dato che al Codice civile si affiancano specifiche disposizioni tributarie. Ne consegue che non avviene una successione diretta e automatica del debito sociale, ma è necessario un ulteriore onere probatorio a carico del l'amministrazione.
Le Sezioni unite hanno affrontato poi la questione relativa a eventuali poste attive rimaste pendenti in capo alla società cancellata. In ambito tributario, vengono subito alla mente i crediti di imposta non ancora rimborsati. La Cassazione ha precisato che in seguito alla cancellazione si instaura tra i soci un regime di comunione indivisa. La risoluzione 77/E/2011 ha fornito indicazioni sulle sorti del rimborso spettante alla società estinta: sia per le società di persone, sia per le società di capitali, il credito può essere rimborsato pro quota ai soci della società, ritenendo opportuna la nomina di un unico rappresentante per tutti i soci.
Fonte: Il sole 24 ore

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