Il reclamo tributario limita i diritti del contribuente

L'istituto della cosiddetta mediazione tributaria (articolo 17-bis del Dlgs 546/92), continua a sollevare questioni costituzionali sulla sua legittimità, come emerge dalle censure già evidenziate nelle ordinanze delle Commissioni tributarie provinciali di Perugia e Benevento nonché, da ultimo, dalla Ctp di Campobasso, con l'ordinanza del 17 aprile 2013.
I giudici di Campobasso, in particolare, hanno ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma in oggetto, rilevando che l'istituto rappresenta un'inutile duplicazione dei rimedi transattivi preprocessuali: condiziona l'accesso alla giurisdizione tributaria, prevedendo a pena di inammissibilità del ricorso l'esperimento, in via preliminare, della mediazione tributaria; impone che il contenuto del reclamo sia identico a quello del ricorso; grava sul contribuente; impedisce la sospensione cautelare immediata, così incorrendo in violazione di varie norme costituzionali (articoli 3, 24, 25, 111 e 113 della Costituzione).
Si dubita, perciò, che possano essere lesi i principi di eguaglianza, il diritto di difesa, il divieto di distrazione dal giudice naturale, il diritto a un giusto processo e il diritto alla tutela giurisdizionale riservato al cittadino. Ciò in quanto, innanzitutto, l'organo deputato a gestire il reclamo, per quanto diverso e presuntivamente autonomo, è pur sempre un organo della stessa Amministrazione finanziaria.
D'altro canto, la sanzione d'inammissibilità del ricorso per omessa presentazione del reclamo ovvero la perdita definitiva del diritto di adire il giudice per omessa attivazione di un rimedio amministrativo, condizionano l'accesso alla giurisdizione tributaria.
Inevitabilmente, la predetta sanzione genera un'irragionevole discriminazione tra il diritto del contribuente a corrispondere il giusto tributo e la potestà impositiva dell'Amministrazione finanziaria, violando così il principio di eguaglianza e ragionevolezza. 
Senza trascurare, inoltre, che l'iter procedurale previsto dalla norma limita la tutela giurisdizionale solo nei confronti dei contribuenti interessati da una determinata categoria di provvedimenti (controversie non superiori a 20.000 euro), con conseguente irrazionalità e diversità di trattamento anche in ordine alla tutela cautelare.
Pertanto, l'istanza di mediazione-reclamo porta in sé, sin dall'origine, il carattere e il contenuto del ricorso giurisdizionale, con evidente anticipazione della tesi difensiva del contribuente nella fase amministrativa e conseguente immodificabilità della stessa nell'eventuale giudizio, limitandone il diritto di difesa.
La tutela giudiziaria del contribuente non può essere garantita da uno strumento che, differendo radicalmente dal modello della mediazione, civile in particolare (così come di recente novellato dal decreto del Fare), rappresenta esclusivamente un impedimento all'immediato ricorso alla giustizia tributaria e alla necessità di avvalersi della sospensione dell'atto impugnato, ex articolo 47 del Dlgs 546/92.
Le limitazioni della tutela giurisdizionale con misure di conciliazione extragiudiziale, in conformità anche con la giurisprudenza comunitaria (vedi Corte di giustizia, causa C-28/05), «corrispondono ad obiettivi di interesse generale purché non si traducano in un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza dei diritti così garantiti». 
La disciplina dell'istituto del reclamo-mediazione si conferma un tentativo maldestro di adattare l'istituto della mediazione civile in ambito tributario. Permane la necessità di un intervento del legislatore, anche per evitare il moltiplicarsi dei legittimi dubbi di costituzionalità sul medesimo istituto che tanto stanno impegnando i giudici tributari di merito, per necessità sensibili alla tutela giurisdizionale e al diritto di difesa del contribuente, troppe volte pregiudicato dalla macchinosità della giurisdizione tributaria e dalla potestà impositiva dell'Amministrazione finanziaria.
Fonte: Il sole 24 ore autore Enrico De Mita
L'identikit
01 | PRIMO INCONTRO
È previsto un primo incontro informativo, senza alcun compenso all'organismo di mediazione (con le sole spese di segreteria e di notifica), durante il quale le parti decidono se avviare o meno la procedura. La conclusione del primo incontro senza accordo, anche in ordine alla prosecuzione della mediazione, assolve la condizione di procedibilità dell'azione
02 | ACCORDO
Sin dal primo incontro, per le materie in cui è prevista l'obbligatorietà della mediazione, le parti devono farsi assistere dai loro avvocati. L'eventuale accordo raggiunto dalle parti e sottoscritto anche da questi ultimi costituisce titolo esecutivo, senza più necessità di omologa da parte del presidente del tribunale
03 | COMPETENZA
Il procedimento di mediazione, di durata non superiore ai tre mesi, deve essere avviato presso un Organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia

04 | GIUDICE
Con l'attuale riforma il giudice, in qualunque momento sino all'udienza di precisazione delle conclusioni e anche in appello, può ordinare che le parti diano avvio a un nuovo procedimento di mediazione che in tal caso diverrà condizione di procedibilità della domanda
05 | SANZIONE
Viene reintrodotta la sanzione, pari al contributo unificato dovuto per il giudizio, in caso di mancata partecipazione anche al primo incontro informativo, senza giustificato motivo


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