Nelle liquidazioni assegnazioni ai soci di poste dell'attivo e del passivo

Nella prassi operativa accade sempre più frequentemente che le liquidazioni societarie possano chiudersi solo tramite assegnazione ai soci di poste dell’attivo e del passivo.
In modo particolare le società immobiliari che non riescono a realizzare sul mercato i beni detenuti, possono addivenire alla cancellazione dal registro imprese solo assegnando ai soci i beni sociali. 
Questa operazione si presenta assai delicata sotto il profilo fiscale, per cui sarà opportuno eseguire una preventiva programmazione del prelievo tributario che si manifesta in capo al socio assegnatario.
Verifichiamo lo scenario che si presenta per il socio di società di capitali al quale viene assegnato un bene in sede di liquidazione della società.
Due prime analisi sono necessarie per incanalare correttamente la disciplina fiscale.
In primo luogo verificare se il socio assegnatario detiene la partecipazione a titolo di persona fisica ovvero a titolo d’impresa, magari essendo esso stesso una società.
In secondo luogo individuare che tipo di riserve di patrimonio netto vengono annullate in contropartita dell’attribuzione del bene. Sotto questo punto di vista va notato che sul fronte civilistico la società in liquidazione presenta un patrimonio netto indifferenziato, mentre sul fronte fiscale si mantengono in pieno le distinzioni tra riserve di utili e riserve di capitali.
Per il socio persona fisica l’assegnazione di un bene sociale può rappresentare, in primo luogo, un dividendo se le riserve che vengono annullate appartengono alla categoria di quelle di utili. Ovviamente, nel valutare quale riserva sia annullata occorre tener presente la presunzione di priorità di cui all’art. 47, comma 1 del TUIR e quella di cui all’art. 1 del DM 2 aprile 2008 (in precedenza sono assegnati gli utili prodotti fino al 2007 rispetto a quelli prodotti successivamente), anche se in sede di chiusura della società queste presunzioni sono meno rilevanti poiché tutte le riserve vengono azzerate. A fronte dell’attribuzione di riserve di utili tramite assegnazione di un bene sociale, scatta la tassazione del reddito da capitale generato dal dividendo, quindi con formazione del reddito sul percipiente/socio nella misura limitata al 49,72% (o 40% nei casi di riserve ante 2008) se la partecipazione è qualificata. In caso contrario, partecipazione non qualificata, si opera la ritenuta d’imposta del 20% che deve essere monetizzata dal socio, il quale a norma dell’art. 27, comma 2 del DPR 600/73 deve consegnare alla società assegnante l’importo liquido della ritenuta di imposta che deve essere versata.
Nel caso in cui l’assegnazione del bene avvenga annullando riserve di capitale non si ha, in prima battuta, alcun reddito imponibile, posto che l’art. 47, comma 5 del TUIR afferma che non costituiscono utile le somme ed i beni attribuiti al socio in cambio della riduzione di riserve di capitali, bensì mera riduzione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Tuttavia, specie nell’assegnazione di beni, può essere che dovendosi assumere il valore normale del bene, se quest’ultimo presenta plusvalenze latenti, si abbia un differenziale negativo tra valore normale del bene e costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Questo differenziale negativo, denominato “sottozero”, genera imponibile in capo al socio in qualità di dividendo come ha affermato la circ. Agenzia delle Entrate 26/2004, § 3.1.
Va segnalato, peraltro, che il socio persona fisica può trarre dall’attribuzione di riserve in sede di liquidazione solo reddito di capitale nella fattispecie del dividendo, nel senso che le conseguenze possono essere solo due:
- che non vi sia alcun reddito ma solo riduzione del costo della partecipazione (caso in cui sia distribuita riserva di capitale e il costo della partecipazione sia superiore alla riserva assegnata);
- che vi sia reddito da capitale quale dividendo nel caso in cui sia distribuita una riserva di utile o una riserva di capitale, in questo ultimo caso limitatamente all’eccedenza della riserva attribuita rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Immaginiamo, per esempio, che nella società Alfa srl, con unico socio persona fisica per semplicità, via sia un immobile iscritto nell’attivo per 100 e capitale netto di liquidazione 100, interamente formato da riserve di capitale. Valore normale del bene pari a 150, quindi con un imponibile di 50 generato dall’assegnazione su cui si genera una tassazione di 13,75. Il socio conferisce la somma di 13,75 per pagare le imposte a titolo di capitale, incrementando il valore della propria partecipazione che diviene 113,75. Valore del bene assegnato 150, differenziale con costo della partecipazione uguale a 36,25, dividendo da sottozero, imponibile in capo al socio nella misura del 49,72%.
Quando il socio detiene la partecipazione a titolo di impresa, le somme o il valore dei beni ad esso assegnati in sede di liquidazione, determinano la formazione di imponibili di diversa natura a seconda delle riserve che vengono attribuite. Per l’attribuzione di riserve di utili si genera un normale dividendo tassabile in capo al socio società nella misura del 5%. Diversamente l’attribuzione di riserve di capitale è operazione assimilata al realizzo della partecipazione, situazione per la quale diventa fondamentale capire se sono presenti i requisiti PEX nella partecipazione detenuta dal socio/società nella società assegnante. Ove fossero presenti tali requisiti il differenziale tra costo della partecipazione e valore normale del bene assegnato a fronte dell’annullamento di riserve di capitale diviene plusvalenza PEX, quindi tassabile anche essa al 5%. Nella prassi ordinaria accade frequentemente, che il bene sia assegnato a fronte dell’annullamento sia di riserve di utili sia di capitale. Se ciò che è assegnato è una somma in denaro la situazione è semplice in quanto gli elementi dell’attivo assegnati corrispondono alle riserve annullate. Ma se si ha assegnazione di bene, scatta la regola del valore normale, il che rende più complesso capire quali riserve sono annullate.
Riprendiamo l’esempio di prima immaginando che il valore nel netto patrimoniale pari a 100 sia formato da 50 capitale e 50 utili. Il valore del bene assegnato è di 150 mentre il costo della partecipazione è 33,75 (20 somma pagata per acquisire il 100% delle quote sociali, più 13,75 somma versata a titolo di versamento in conto capitale per pagare le imposte della società). La differenza tra 50 (riserva di capitale assegnate) e 33,75 rappresenta il differenziale assoggettato a PEX, cioè 16,25 (tassabile al 5%), mentre il restante importo 100 non può che rappresentare un dividendo altrettanto tassabile al 5%. In definitiva deve ritenersi che l’intero differenziale tra valore del bene e ammontare delle riserve di capitali annullate, rappresenti utile tassabile come dividendo. In questo senso sembra indirizzarsi anche la circ. 26/2004, al § 3.4. 
Fonte: Eutekne autore Paolo Meneghetti

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