Reddito d'impresa. Gli effetti delle scelte dei contribuenti Cessione leasing con disparità di trattamento

Con la circolare 29 maggio 2013 n. 17/E, l'agenzia delle Entrate ha affrontato (tardivamente rispetto all'approvazione dei bilanci ma entro i termini per i versamenti derivanti da Unico) le conseguenze delle modifiche alla disciplina fiscale dei contratti di leasing (articolo 102, comma 7 Tuir) operate dall'articolo 4-bis del decreto legge n. 16/2012. 
Durata libera
La novità, consistente nel poter stipulare (a decorrere dal 29 aprile 2012) contratti di durata libera, a condizione che si mantenga invariata la deducibilità massima fiscale sottostante alla durata prevista dal Tuir, è stata operativamente gestita ricorrendo alle variazioni in diminuzione nel modello dichiarativo; a esse è affidato il compito, nel periodo che decorre tra il riscatto e l'arco temporale minimo fiscalmente ammissibile, di "restituire" all'impresa le imposte versate sui maggiori canoni, stanziati a conto economico per effetto della ridotta competenza civilistica basata sul contratto effettivamente stipulato. 
Irap
Con l'occasione, l'Agenzia ha affrontato anche le perplessità legate alla competenza Irap, alla scomposizione del canone tra quota capitale e quota interessi (tanto ai fini dell'articolo 96 Tuir che ai fini Irap) e tra fabbricato e terreno, nonché con riferimento alle ipotesi di evoluzione non ordinaria della locazione finanziaria (mancato riscatto o cessione del contratto). Ci sono, tuttavia, due aspetti che meritano di essere approfonditi: la controversa questione della cessione del bene successiva al riscatto anticipato e l'anomalia della cessione del contratto "in perdita".
Riscatto e cessione
Secondo le Entrate, in ipotesi di riscatto anticipato e successiva cessione del bene riscattato, l'impresa deve proseguire nella programmata deduzione in Unico delle variazioni in diminuzione di "reversal", esattamente come avverrebbe in assenza della cessione (ovviamente senza stanziare più l'ammortamento). Tuttavia, questa soluzione è assai poco sistematica e va rivista. Solo poche righe dopo, infatti, la circolare affronta il caso della cessione del contratto di leasing, affermando che – al fine di evitare «un'asimmetria impositiva tra l'immediata tassazione della sopravvenienza attiva e il recupero dilazionato nel tempo dei disallineamenti sospesi» – è necessario che i canoni non dedotti durante la vita contrattuale, attualizzati alla data di cessione, unitamente al prezzo di riscatto, siano portati in deduzione dalla sopravvenienza attiva imponibile determinata a norma dell'articolo 88, comma 5, Tuir. Non si comprende perché ci si sia preoccupati di impedire il sorgere di questa "asimmetria impositiva" con riferimento alla sopravvenienza, mentre la si tolleri in caso di plusvalenza. Peraltro, così facendo, si contravviene al principio generalizzato di non discriminare chi acquisisce in proprietà sin da subito e chi acquisisce tramite leasing: come rilevato anche da Assonime (circolare n. 17 dell'11 giugno scorso) se a cedere il bene è l'originario proprietario, il costo fiscalmente riconosciuto che si contrappone al corrispettivo si compone di tutto quanto non dedotto prima della vendita (ammortamenti eccessivi, quota terreno). Nel caso del leasing, invece, si finisce per imporre la tassazione di una plusvalenza inesistente (poiché formata anche da costi non dedotti), salvo poi riconoscere, "a posteriori", la deducibilità di ciò che si è reso indebitamente imponibile. L'aspetto non trattato dall'Agenzia riguarda l'ipotesi in cui al momento della cessione del contratto di leasing, il valore attuale dei canoni non ancora dedotti, unitamente al prezzo di riscatto, determini un ammontare superiore e non inferiore al valore di mercato del bene in leasing. In sostanza, chi vuole liberarsi del contratto, deve pagare una somma all'acquirente, per convincerlo a subentrare nonostante che, sul mercato, il bene abbia una valutazione inferiore. Ciò che normalmente è una sopravvenienza attiva, qui ha segno negativo, e si rovescia completamente la prospettiva con cui si è ragionato sino ad oggi (risoluzione n. 212/E/2007). In una simile ipotesi si ritiene che la somma versata rappresenti per il cedente il contratto un costo di esercizio. Per chi subentra, invece, è presumibile sostenere che il principio di competenza imponga di "spalmare" questo provento (riscontandolo) lungo la durata contrattuale residua, in modo da mitigare a conto economico l'effetto dei canoni futuri. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli

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