Operazioni Black list più semplici da comunicare con lo spesometro

Le istruzioni ministeriali al nuovo modello di spesometro, pubblicate dall’Agenzia delle Entrate lo scorso 10 ottobre 2013, concedono un’importante semplificazione per coloro che sono tenuti alla compilazione del nuovo quadro BL. 
Va detto che i contribuenti potranno utilizzare la vecchia comunicazione, in luogo del nuovo modello, fino al 31 dicembre 2013 (facoltà per le operazioni registrate dal 1° ottobre al 31 dicembre 2013). A partire dal 1° gennaio 2014, invece, scatterà a tutti gli effetti l’obbligo di abbandonare il vecchio standard per il nuovo. 
L’obbligo di comunicazione periodica - L’articolo 1 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 ha introdotto, per i soggetti passivi Iva, l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata di cui al D.M. 4 maggio 1999 e al D.M. 21 novembre 2001. 
L’Amministrazione Finanziaria, con la circolare 53/E del 21 ottobre 2010, ha chiarito che affinché ricorra l’obbligo di comunicazione, la controparte con la quale il soggetto passivo Iva intrattiene rapporti economici deve essere un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in uno dei Paesi “black list”. Dal quesito del lettore pare che il prestatore estero sia un soggetto che svolge un’attività economica e sia quindi qualificabile come operatore economico. 
La verifica dello status di operatore economico - Per quanto riguarda il concetto di operatore economico, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che possa essere definito tale “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività” ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della direttiva 2006/112/Ce. 
Ai fini della verifica dello status di operatore economico, si possono utilizzare come elementi probatori: 
- l’eventuale certificazione o il numero identificativo rilasciati dalle autorità fiscali competenti degli Stati black list, attestanti lo svolgimento di un’attività economica imprenditoriale, professionale o artistica da parte del soggetto avente sede, residenza o domicilio in detti Stati; 
o, in alternativa: 
- la dichiarazione della controparte attestante lo svolgimento da parte della stessa di un’attività imprenditoriale, professionale o artistica. 
La semplificazione – Ai sensi dell’art. 4 del decreto 30 marzo 2010, nel modello di comunicazione di cui all’articolo 1 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, deve essere incluso, tra l’altro, il numero del codice fiscale attribuito al soggetto con il quale è intercorsa l’operazione dallo Stato in cui il medesimo è stabilito, residente o domiciliato, ovvero, in mancanza, altro codice identificativo. 
Con la Circolare n. 2/E del 28 gennaio 2011, l’Amministrazione Finanziaria, ha precisato che qualora manchi un codice fiscale estero, è possibile indicare, nell’apposito campo, un altro dato allo stesso similare (es. il numero di iscrizione alla camera di commercio del fornitore), sempreché il medesimo renda immediata e univoca l’identificazione dell’operatore black list. 
Dal punto di vista pratico, accadeva quindi che molti contribuenti non compilassero il rigo A1, campo 10 (partita Iva), ma indicassero nel campo 11 (codice fiscale) un codice identificativo alternativo. 
Le istruzioni ministeriali del nuovo modello ovviano a tale problematica, considerando tra i campi di compilazione del quadro BL (rigo BL002) il campo “Codice identificativo IVA” come un campo non obbligatorio. Paradossalmente, nessun codice numerico potrà identificare il soggetto “black list”, ma solo la ragione/denominazione sociale e l’indirizzo della sede legale e nessuna sanzione sarebbe, di conseguenza, applicabile per l’omessa indicazione. 
Tale modifica comporta una semplificazione dell’adempimento, che spesso era proprio bloccato dalla necessità di reperire il dato, per poter inviare il modello, con rimostranze da parte del cliente dello studio e dell’operatore estero, che vedeva in tale richiesta l’ennesimo gravame burocratico vigente solo del nostro Paese. 
Un consiglio è, dunque, quello di utilizzare il nuovo modello già dalle operazioni registrate dal 1° ottobre 2013 e di non attendere il nuovo anno solare per il passaggio allo spesometro. 
Le difficoltà nei rapporti economici - È sufficiente leggere la circolare che la Camere di commercio del Canton Ticino ha diffuso ai propri iscritti, in occasione dell’introduzione della disciplina da parte del legislatore italiano: “La svizzera sulle black list italiane”, nella quale viene illustrata la normative italiana che, riferendosi alle c.d. “black list” ha, secondo l’ente, conseguenze importanti, in termini di oneri burocratici e perdita di cifra d’affari, sui rapporti commerciali fra aziende svizzere e italiane. 
Tra le conseguenze sulle relazioni commerciali per le aziende svizzere che intrattengono rapporti commerciali con imprese italiane, si riporta: 
- alcune aziende italiane esigono, prima di procedere al pagamento della fattura emessa dalle ditte svizzere, di ricevere i dati necessari alla compilazione dell’annuncio all’Agenzia delle Entrate; 
- la fatturazione può risultare più problematica e i termini di pagamento più lunghi, con maggiori difficoltà nell’incasso dei crediti; 
- in caso di fornitura dalla Svizzera il cliente italiano potrebbe chiedere una fatturazione annuale per evitare la dichiarazione mensile o trimestrale all’Agenzia delle Entrate; 
- può accadere che il partner commerciale italiano non voglia ricevere fatture dalla Svizzera e chieda che vengano emesse da una filiale con sede in un paese UE; 
- il partner italiano potrebbe voler addebitare all’azienda svizzera le spese amministrative, segnatamente eventuali costi per prestazione di commercialisti derivanti dall’adempimento degli obblighi di annuncio al fisco italiano; 
- potrebbe intervenire la disdetta di contratti da parte del partner italiano e una conseguente perdita di cifra d’affari. 
Forse ora si è trovata una soluzione.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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