Comunicazione dei finanziamenti al nodo sanzioni

La dottrina è divisa sulla possibilità di applicare le sanzioni e sulla misura delle stesse in caso di mancata od errata comunicazione
Tra poco più di un mese scade il termine per la comunicazione delle capitalizzazioni e dei finanziamenti all’Anagrafe tributaria e, nell’attesa che l’Agenzia delle Entrate faccia conoscere il proprio orientamento con un documento di prassi, si accumulano i dubbi e le perplessità degli operatori.
Uno dei temi oggetto di dibattito è la disciplina sanzionatoria in caso di omessa o incompleta comunicazione.
Sul tema la dottrina che si è occupata della materia, al momento, non ha fornito risposte univoche.
Il provvedimento che regola la comunicazione in questione, a differenza dell’omologo in materia di beni concessi in godimento ai soci, è stato emanato:
- ai sensi dell’art. 7, comma 12, del DPR 605/1973,
- in attuazione dell’art. 2, comma 36-septiesdecies del DL n. 138/2011.
La prima norma prevede che, ai fini dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate possa richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni all’Anagrafe tributaria di dati e notizie in loro possesso.
La seconda norma dispone, invece, che L’Agenzia delle Entrate proceda a controllare sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento, tenendo conto, ai fini della ricostruzione sintetica del reddito, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
Il ragionamento sottostante al provvedimento dell’Agenzia è abbastanza raffinato. Dal momento che il DL 138/2011 non offrirebbe copertura normativa sufficiente a richiedere i dati voluti dall’Amministrazione, il nuovo provvedimento viene emanato anche in base al comma 12 dell’art 7 del DPR 605/73, norma che conferirebbe tale potere al direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Se però il provvedimento del 2 agosto 2013 è attuativo del DL 138/2011, non si può prescindere da tale norma e sottolineare che, l’omessa o incompleta trasmissione dei finanziamenti, a differenza della comunicazione dei beni ai soci, non è sanzionata (in quanto non espressamente richiesta dalla norma).
Laddove il Direttore dell’Agenzia delle Entrate avesse voluto emanare un provvedimento avulso dalla disciplina dei beni in godimento ai soci non avrebbe dovuto richiamare espressamente l’art. 2 comma 36-septiesdecies del DL 138/2011.
A quel punto, essendo una richiesta (da capire fino a che punto legittima) effettuata solo ai sensi dell’art. 7, comma 12, l’omessa comunicazione avrebbe potuto essere sanzionata dall’art. 13 comma 2 del DPR 605/73 con il versamento di una somma da 206,58 a 5.164,57 euro, ridotta alla metà in caso di comunicazioni incomplete o inesatte.
È probabile che l’Agenzia delle Entrate non abbia operato in questi termini perché, pur nella zona grigia lasciata dal DPR 605/73, è plausibile supporre che vi siano limiti alla discrezionalità del Direttore e che una richiesta di dati operata così su larga scala (anche agli imprenditori individuali) avrebbe necessitato di un supporto normativo più robusto.
Detto diversamente, il legislatore, quando ha introdotto nel nostro ordinamento la previsione dell’art. 7 comma 12, verosimilmente, non pensava a richieste a tappeto su tutte le imprese anche di piccole dimensioni, ma a interventi più limitati. In caso contrario, avrebbe scritto una norma in bianco, autorizzando l’Amministrazione a richiedere qualunque dato al contribuente, purché funzionale al controllo della dichiarazione, attività anch’ssa dai margini tutt’altro che definiti.
Quanto sopra riportato offre lo spunto per cercare di rispondere ad un ulteriore interrogativo. In presenza di una norma primaria che ha individuato nel finanziamento e nella capitalizzazioni alle società un’area sensibile, senza tuttavia prevedere un obbligo di comunicazione di dati all’anagrafe tributaria, è legittimo che tale obbligo sia introdotto da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate?
Probabilmente no, e forse per questo si è ritenuto di richiamare la disciplina del DL 138/2011; in definitiva si è cercato di creare un ibrido per supportare normativamente un adempimento che avrebbe richiesto invece un intervento avente forza di legge.
Soluzione questa forse non praticabile nell’attuale momento politico, a maggior ragione se si considera che il Provvedimento del 2 agosto 2013, come annunciato a suo tempo anche dall’Agenzia, dovrebbe costituire una semplificazione della precedente disciplina; se la comunicazione prima non era dovuta, non si capisce allora dove stia la semplificazione.
In definitiva, il richiamo operato all’art. 7 comma 12, ad avviso di chi scrive, non appare idoneo a fornire una piena copertura normativa della comunicazione in esame che ricade sempre nell’ambito della disciplina dell’art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies, del DL 138/2011 (e lo ricorda il modello). In base a tale norma, l’omissione o incompleta comunicazione di dati non risulterebbe sanzionabile, come evidenziato a suo tempo dalla circolare IRDCEC n. 27/2012, § 8.
Ovviamente ragioni di ordine pratico suggeriranno ai contribuenti di effettuare la comunicazione, senza troppo disquisire su questi aspetti certamente delicati.
Laddove però si verificasse un involontario errore nella comunicazione, le considerazioni appena riportate fanno essere fiduciosi sull’esito di un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.
Fonte: Eutekne autore Alessandro COTTO

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