Plusvalenze esenti e commercialità

La circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 7/2013 ha chiarito i criteri per giudicare la commercialità di un'azienda e quindi, in negativo, i modi per determinare la non commercialità e come giudicare le attività preparatorie.
L'art. 87 del Tuir afferma la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95% delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni o quote al verificarsi dei seguenti requisiti:
a) possesso della partecipazione ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente la cessione (non necessariamente coincidente con 1 anno) valutando le cessioni col FIFO;
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso; pertanto uno successivo spostamento, per esempio nell'attivo circolante, non fa venir meno il requisito;
c) residenza fiscale della partecipata in uno stato Black List o in alternativa avvenuta dimostrazione che dalle
partecipazioni non si sia avuto l'effetto di localizzare i redditi in Paesi Black List fin dall'inizio del possesso; tale requisito deve sussistere almeno da 3 anni;
d) esercizio da parte della partecipata di un'impresa commerciale almeno da 3 anni ; considerando che vi è una presunzione assoluta di non commercialità per le società il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni patrimonio.
Una società (es. A) che cede la propria partecipazione ad esempio in B ad un terzo (C) se dovesse realizzare una plusvalenza spererà di possedere i 4 requisiti e quindi ottenere un'esenzione pari al 95%; viceversa, se dovesse ottenere una minusvalenza la disciplina PEX si dimostra più sfavorevole , infatti simmetricamente (o quasi) impone un'indeducibilità totale della minusvalenza.
Pertanto, un soggetto che si trova in quest'ultimo caso può cercare di incidere sull'unico requisito suscettibile di interpretazioni, che risulta appunto essere quello della commercialità.
Su questo aspetto è infatti maggiormente intervenuta l'Agenzia chiarendo che un'impresa per essere commerciale deve produrre reddito d'impresa di cui all'art. 55 e deve possedere una struttura operativa idonea a produrre o commercializzare beni o servizi atti a soddisfare la domanda del mercato, a prescindere dagli effettivi ricavi, dando prevalenza alla sostanza (attività in concreto poste in essere) sulla forma, tanto che anche una società che loca immobili a terzi (passive income) ma svolge anche altri servizi, se questi ultimi sono prevalenti o anche solo di significativa entità, con idonea dimostrazione è possibile provare la commercialità della partecipata.
Per questo motivo il requisito di commercialità inizia fin dalla fase preparatoria l'attività in oggetto a condizione che tale effettiva attività commerciale prima della cessione sia iniziata.
I 3 anni di commercialità necessari per soddisfare il requisito d) iniziano già nelle fasi di start up, eccezion fatta per le newco per le quali non sono necessari i 3 anni ma è sufficiente che sin dall' inizio si sia avuta attività commerciale.
Nella circolare si sono forniti due esempi di attività prodromiche: quelle di progettazione, esecuzione ed investimenti per la realizzazione di opere pubbliche da parte di concessionarie di lavori pubblici e quelle di ricerca dell'ubicazione degli impianti, di ottenimento dei permessi, di progettazione e costruzione degli impianti per le imprese del settore energetico.
Fonte: Ratio mattino del 2/5/2013 autori Paolo Meneghetti, Vittoria Meneghetti

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