Credito IVA. Compensazione oltre la soglia

Con il ravvedimento la sanzione è del 30 per cento
In caso di compensazione del credito IVA oltre la soglia di legge, la società può ricorrere al ravvedimento operoso, beneficiando della sanzione ridotta al 30 per cento. Il superamento del limite annuale non integra la violazione di compensazione con crediti inesistenti sicché è esclusa l’applicabilità della sanzione più gravosa del 200 per cento. 
È quanto affermato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano con la sentenza n. 291/42/13 (depositata il 17 ottobre). 
Compensazione del credito IVA. Una società compensava un credito IVA superando il limite legale annuo posto dall’articolo 34 della L. 388 del 2000 (il limite è fissato da tale norma in 516 mila euro ma dal 2014 diventerà di 700 mila euro per effetto dell'articolo 9 comma 2 D.L. 35/2013). La contribuente rimediava all’errore utilizzando l'istituto del ravvedimento operoso con applicazione della sanzione del 30 cento, calcolata sulla imposta eccedente il limite legale annuo di compensabilità. 
Irrogata sanzione del 200%. Nonostante il ravvedimento, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di recupero, con il quale richiedeva l'eccedenza utilizzata in compensazione, comprensiva degli interessi, e irrogava la più gravosa sanzione del 200 per cento prevista dall'articolo 27 comma 18 del D.L. n. 185/2008 per la compensazione dei crediti inesistenti. Di qui la nascita del contenzioso fiscale, poiché, ha eccepito la società, il ravvedimento operoso era perfettamente regolare, anche con riferimento all'individuazione della violazione da sanare (omesso versamento invece che compensazione con crediti inesistenti). Costituitosi in giudizio, l’Ufficio delle Entrate ha insistito per l'applicazione della sanzione del 200 per cento. 
La CTP annulla il provvedimento dell’A.E. L’adita Commissione Provinciale di Milano ha dato ragione alla contribuente, annullando la sanzione perché l'importo portato in compensazione oltre il limite annuale di legge non può essere ricondotto alla nozione di credito inesistente. Questa interpretazione della normativa di riferimento, osservano i giudici di primo grado, garantisce la piena tutela delle parti del rapporto tributario, quale applicazione del principio della certezza del diritto, su cui riposa l'affidamento del contribuente nel pagamento del dovuto e nel comportamento da tenere verso l'Amministrazione Finanziaria. Ciò è coerente con il rispetto del principio di legalità in tema di sanzioni posto dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 472/1997, secondo cui nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non esclusivamente nei casi considerati dalla legge. 
Nel caso di dubbi, subentra il Favor rei. Il Collegio meneghino, infine, per completezza della decisione ricorda che “nel caso di dubbi nell'interpretazione di una norma sanzionatrice, la condotta dell'ufficio nell'applicare le sanzioni deve ispirarsi al principio del favor rei”, richiamato dal D.Lgs. 472/1997 (art. 3) in materia di sanzioni amministrative e dal codice penale (art. 2).
Autore: Redazione Fiscal Focus

Commenti