Compensazione indebita sanzionata come omesso versamento

Non può ritenersi consentita la compensazione di un credito d’imposta con un debito non ancora venuto ad esistenza
L’indebito utilizzo in compensazione di un credito d’imposta con un debito non ancora venuto ad esistenza, in quando non derivante da alcuna dichiarazione, determina l’applicazione della sanzione per omesso versamento, anche se il credito d’imposta era esistente e spettante. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte, con la sentenza 4163 di ieri.
La Cassazione già in precedenza si era occupata dell’ipotesi di indebito utilizzo dei crediti d’imposta, stabilendo che, quando la compensazione avviene in assenza dei presupposti necessari, si concretizza un’ipotesi di omesso versamento d’imposta, sanzionabile nella misura del 30% ex art. 13 del DLgs. 471/1997 (cfr. Cass. 8681/2011). La medesima sanzione, peraltro, secondo i giudici di legittimità, trova applicazione anche nel caso di superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili, poiché trattasi di fattispecie equivalente all’omesso versamento d’imposta (cfr. Cass. 18369/2012).
A sostegno della posizione assunta dalla Suprema Corte si è schierata anche una parte della giurisprudenza di merito, secondo la quale l’utilizzo di un credito d’imposta in compensazione nella misura eccedente rispetto al limite quantitativo fissato dalla legge non configura una violazione meramente formale, sebbene si tratti di un credito esistente e spettante, ma costituisce una violazione incidente sul versamento del tributo e, pertanto, la sanzione applicabile è quella dell’omesso versamento di cui all’art. 13 già citato (cfr. C.T. Reg. di Firenze, sent. 109/8/12). Secondo altra giurisprudenza di merito, invece, il superamento del limite di compensazione previsto dalla legge non può comportare l’irrogazione della sanzione stabilita per l’omesso versamento (cfr. C.T. Prov. di Novara, sent. 61 del 7 aprile 2011 e C.T. Reg. di Venezia, sent. 31/1/09).
L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ha sempre sostenuto che si applica la sanzione del 30% prevista per gli omessi versamenti ex art. 13 del DLgs. 471/1997 anche nell’ipotesi in cui il contribuente abbia indebitamente compensato degli importi in eccedenza rispetto al plafond previsto dall’art. 34, comma 1, della legge 388/2000, fissato a decorrere dal 1° gennaio 2014 nella misura di 700.000 euro ex art. 9, comma 2 del DL 35/2013 (cfr. ris. 452/2008 e circ. 8/2009, §7.1).
Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità hanno esaminato una nuova fattispecie relativa alla questione in oggetto, ovvero l’ipotesi in cui un credito d’imposta regolarmente esistente e spettante – nel caso di specie riconosciuto per gli investimenti in aree svantaggiate ex art. 8 della L. 388/2000 – sia stato utilizzato per compensare, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/1997, un acconto IRAP ancora da “nascere”, nel senso che si trattava di un acconto presuntivamente determinato dallo stesso contribuente, ma non emergente da alcuna precedente dichiarazione.
Tale comportamento era stato posto in essere al fine di evitare di “perdere” la possibilità di utilizzare il credito d’imposta per decorrenza dei termini. Probabilmente, non avendo in quel momento alcun debito da compensare, il contribuente aveva ipotizzato un “futuro” acconto IRAP, così da utilizzarlo in compensazione con il credito d’imposta spettante, entro i termini previsti. L’Agenzia delle Entrate, in sede di controllo, aveva recuperato il credito d’imposta ed irrogato le sanzioni per omesso versamento, ai sensi del più volte richiamato art. 13.
I giudici di legittimità hanno stabilito, innanzitutto, che si era trattato di indebito utilizzo del credito d’imposta, giacché il presunto acconto IRAP che il contribuente aveva inteso compensare non poteva ritenersi esistente al momento; infatti – ha puntualizzato la Cassazione – l’obbligo di versare una somma a titolo di acconto sorge quando sia stata evidenziata in una precedente dichiarazione, non potendo certamente emergere da una valutazione meramente soggettiva dello stesso contribuente. Non può, quindi, ritenersi consentita la compensazione di un credito d’imposta con un debito non ancora venuto ad esistenza.
Sotto il profilo sanzionatorio, poi, la Suprema Corte, confermando l’orientamento pregresso, ha stabilito che, anche in questa ipotesi di indebito utilizzo di un credito d’imposta spettante per compensare un debito d’imposta non ancora venuto ad esistenza, trova applicazione la sanzione per omesso versamento, correttamente irrogata dal Fisco. È stata così cassata la pronuncia d’appello che, all’opposto, aveva ritenuto non dovute le sanzioni per omesso versamento, non essendovi stato, nel caso di specie, alcun effettivo debito tributario.
È appena il caso di ricordare, infine, che con l’art. 27 del DL 185/2008 è stato introdotto un apposito sistema sanzionatorio per l’utilizzo in compensazione nel modello F24 di crediti d’imposta in tutto o in parte inesistenti, che prevede, tra l’altro, una sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi.
Fonte: Eutekne autore Alessandro BORGOGLIO

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